Asset allocation, Cina: tra i molti dubbi a prevalere sarà la necessità della crescita

Cosa succederà in Cina dopo la rielezione di Xi Jimping? E’ possibile un suo coinvolgimento nel conflitto tra Russia e Ucraina? E’ vero che il nemico del mio nemico è mio amico, ma ho più di un dubbio sul fatto che sia possibile costruire una collaborazione che vada oltre il semplice commercio di beni e/o servizi (una sorta di Nato Cino-Russa per intenderci). Sono tutte domande da un milione di dollari alle quali è ovviamente difficile rispondere. Dalle informazioni di stampa disponibili sembra che Mosca abbia chiesto da tempo un aiuto alla Cina nelle forniture militari, ma che questa abbia sempre rifiutato (almeno ufficialmente).

I mercati finanziari cinesi continuano a reagire negativamente, prendendo di mira soprattutto i titoli tecnologici. La paura dei mercati, nono solo cinesi, è che se l’economia dei principali mercati di sbocco della Cina, vale a dire Europa e USA, si ferma a causa della possibile recessione alle porte pilotata dalle banche centrali, è difficile che il solo mercato interno (sia pure di 1,5 miliardi di persone) possa continuare a trainare la crescita del PIL sperimentata nel passato.

Cina quindi alle prese con la richiesta di Mosca, l’aumento delle tensioni con gli USA a causa della guerra, la crisi del settore immobiliare, il tutto condito dal Covid che non sappiamo se si sia fermato definitivamente. Da non sottovalutare il problema di Taiwan: le parole di Xi al 20 esimo congresso del partito comunista sono state tutt’altro che concilianti sul tema. Anzi.

Da un punto di vista economico (non sono un analista politico), la Cina non ha interesse ad alzare la tensione con gli USA e con l’Europa, almeno per il momento. Nel 2021 il commercio tra la Cina e gli Stati Uniti è aumentato in valore del 28,7%, raggiungendo 755,6 miliardi di dollari, mentre il surplus commerciale ha toccato 396,5 miliardi di dollari (+22%). La sostanza non cambia per l’Eurozona. Secondo Eurostat, nei primi undici mesi del 2021 l’export della UE verso la Cina è aumentato dell’11.4%, raggiungendo 203,6 miliardi di euro (da 182,9 miliardi di euro del 2020), mentre l’import è invece salito di oltre il 20%, arrivando a 421,8 miliardi di euro (da 351,3 miliardi di euro), facendo crescere il surplus Cinese verso l’Eurozona del 30% a 218 miliardi di euro.

E’ chiaro ed evidente a tutti che l’economia Russa e dei Paesi satellite non è in grado di assorbire la flessione dell’import di USA e Europa indotta dalla recessione. La Cina potrebbe quindi spingere Putin per una soluzione del conflitto (è un caso che Putin voglia sedersi al tavolo?). Tra l’altro, le elezioni USA di mid term sono alle porte e quale migliore supporto dell’inizio delle trattative di pace potrebbero portare voti a Biden?. Ancora una volta potrebbe non essere un caso il cambiamento di atteggiamento di Biden verso Putin.

Inoltre, il primo gennaio 2022 è partito operativamente il meccanismo del RCEP (l’accordo commerciale che include la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e i paesi dell’Asean), passo fondamentale verso una maggiore integrazione economica dell’intera area asiatica. L’accordo, che vede la nascita della più vasta zona di libero scambio del mondo, prevede una riduzione progressiva delle tariffe doganali tra i vari paesi che si completerà gradualmente nell’arco di 20 anni. Difficile quindi che la Cina voglia buttare a mare la strategia di crescita dei prossimi anni.

Tra Russia e Ucraina la Cina si propone come peacekeeper tra i duellanti, forte dell’esperienza maturata nel Sud del Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Mali e nella Repubblica Centro Africana (l’interesse per l’intero Continente Africano è che lo stesso diventi partner economico strategico per la Belt and Road Initiative, la nuova via della seta). Riteniamo che gli interessi economici cinesi nell’interscambio con gli USA e l’Europa siano di gran lunga maggiori rispetto a quelli centro africani e siamo convinti che difficilmente la Cina vorrà rinunciarvi.

Tra le incertezze che caratterizzano il momento storico attuale, appare comunque una certezza: non sappiamo come saranno i traffici economici del mondo fra 5-10 anni né tantomeno quali saranno i rapporti di forza, ma sicuramente saranno profondamente diversi da quelli di oggi.

In termini di investimenti siamo in attesa di capire se anche questa volta le banche centrali, FED in testa, saranno in grado di sostenere la crescita delle economie, nonostante il “wathever it takes” contro l’inflazione.

L’asset allocation suggerita

Nel frattempo, largo alla diversificazione, value stocks che producono cassa e copertura del portafoglio.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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