Mercati: si profila una settimana cruciale. Ecco perchè

Se la setttimana passata è stata movimentata, quella entrante si annuncia caotica per i mercati fiananziari“. A affermarlo è Michael Palatiello, ad e strategists di Wings Partners Sim, che di seguito illustra le motivazioni dell’assunto.

Nel giro di sette sessioni di mercato avremo infatti quattro eventi passibili di condizionare la prospettive dei mercati per il resto dell’anno; si inizia ovviamente con la riunione della FED mercoledì, con 75 bps di rialzo scontati ma tante, forse troppe, attese per un segnale di moderazione per le riunioni a venire (Goldman non sembra d’accordo e rivede il picco dei tassi al 5% entro il 2023, con interventi da 50 bps in dicembre, 25 bps a febbraio e marzo) a cui seguirà a stretto giro la rilevazione sul mercato del lavoro con 193.000 nuovi occupati attesi ma potenziali sorprese all’orizzonte.

L’8 novembre le elezioni di mid term, le cui previsioni spaziano da una vittoria repubblicana alla camera ad una invece su entrambi i rami del parlamento. Una presidenza democratica con un congresso repubblicano non è tuttavia un elemento negativo per i mercati (difficile infatti che in una situazione di questo genere ci possano essere colpi di testa inattesi da parte dell’amministrazione in carica), tanto che in occasioni passate in cui si è verificato tale evento (anche a parti invertite) l’indice S&P 500 ha messo a segno progressi annuali compresi tra il 5% ed il 14%.

Infine, neanche a dirlo, il 10 novembre avremo la rilevazione sui prezzi al consumo americani, e non credo ci sia bisogno di menzionare l’importanza del dato alla luce dell’estrema reattività che hanno avuto i mercati a questa statistica nei mesi passati.

Incidentalmente passiamo anche per la riunione della BoE che dovrebbe consegnare anch’essa un rialzo di 75 bps quando le ferite sul mercato dei titoli di stato del paese sono ancora fresche (così come il premierato) oltre alla chiusura della stagione delle trimestrali…insomma non ci sarà da annoiarsi.

Parecchia fibrillazione, infine, anche sul comparto delle materie prime, con il Petrolio che si appresta a chiudere con il miglior rialzo mensile a far data da gennaio (+10%) in vista dei tagli OPEC+ ed i paesi del cartello (ultimo in ordine di tempo questa mattina il Qatar) sempre più in contrasto con le politiche americane ed europee, specie se guardiamo al meccanismo del price cap.

Le quotazioni del grano si apprestano ad una pirotecnica sessione (con oscillazioni a Chicago che hanno superato il 7% nel pre market) alla notizia del ritiro dei russi dall’accordo sulla movimentazione di merci nel Mar Nero (da li passa oltre ¼ delle esportazioni mondiali di grano ed orzo, 1/5 del mais e praticamente quasi l’interezza nelle spedizioni di olio di girasole).

Nell’ambito dei metalli industriali, il difficile momento della Cina si riflette inevitabilmente sulle quotazioni del minerale di ferro, che cede oltre il 7% questa mattina (portandosi ai minimi dal 2019), mentre i metalli non ferrosi proseguono la fase negativa avviata sul finire della settimana scorsa con la notabilissima eccezione di un Piombo che in netta controtendenza chiude la tornata di venerdì con un apprezzamento del 6,5% che gli permette di archiviare una settimana con rialzi prossimi al 9%. Alla base di questo exploit del Piombo la notizia che questo metallo dal 2023 verrà incluso quale 24ma materia prima nell’importante indice Bloomberg Commodity (utilizzato dalla comunità finanziaria come principale veicolo di investimento su materie prime); un 0,93% di peso nell’indice ma che va contestualizzato nella potenza di fuoco dei fondi di inevstimento in un mercato che non ha tutto sommato volumi così elevati.

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