Mercati: Fed sotto i riflettori

Oggi è la volta della Fed, attesa aumentare i tassi di 75 punti base. Aumento scontato dal mercato. Quello che invece non è scontato sono le parole di Powell, dalle quali sarà possibile capire le intenzioni future della banca centrale Usa.

A seguito dell’aumento della Bce e quello atteso per oggi da parte della FED, i mercati hanno reagito positivamente. Per quale motivo? La convinzione degli operatori è che l’inflazione negli Usa abbia già toccato il suo picco massimo (timide flessioni si sono già registrate) e quella Europea ci sia molto vicino. Che tradotto, significa che le banche centrali potrebbero diventare meno aggressive.

L’inflazione dell’Europa, che ha raggiunto in ottobre il 10,7% (dal 9,9% di settembre), potrebbe infatti cominciare a mostrare una riduzione nei prossimi mesi grazie alla flessione del prezzo del gas, che attualmente staziona nell’intorno dei 100 euro al Mwh. Più volte abbiamo messo in luce che solamente la rimozione o l’attenuazione delle cause dell’inflazione, che come noto è determinata per oltre la metà dal costo dell’energia, avrebbe consentito alla BCE una minore aggressività sui tassi.

Inoltre, nel corso dell’ultimo meeting la Lagarde ha ammesso per la prima volta il rischio di una recessione nell’Eurozona, il che ha rafforzato le convinzioni degli operatori di una minore aggressività sul fronte dei tassi.

Nel resto del mondo le banche centrali sono già meno aggressive: quella canadese ha optato per un rialzo di 50 punti base, portando il suo tasso di riferimento al 3,75%, mentre la Banca del Giappone ha mantenuto la sua posizione accomodante e ha conservato il suo tasso di riferimento al -0,1%.

La possibilità che la Bce diventi più dovish ha portato ad un calo generalizzo nel rendimento dei bond. Se il diavolo si nasconde nei dettagli, sottolineiamo come la Lagarde abbia eliminato le parole “a diversi rialzi a venire” dalla sua dichiarazione, aggiungendo inoltre che sono stati compiuti “progressi sostanziali” nel ritiro dello stimolo (sebbene preveda di aumentare ancora i tassi nel prossimo meeting del 15 dicembre) lasciando la porta aperta a una fine del ciclo di aumenti già dopo la fine del 2022.

Anche nel rinvio della fornitura di dettagli sul “quantitative tightening” (ovvero la riduzione del supporto tramite acquisto di titoli) appare come un’indicazione che la Banca Centrale Europea sia sempre più preoccupata per lo stato della crescita economica. In generale, osserviamo che il meeting della BCE è stato caratterizzato da un livello di austerità più basso di quelle che fossero le attese (e i mercati se ne sono accordi immediatamente).

E’ probabile comunque che la fine degli aumenti non sia lontana, e questo i mercati lo vedono. Ciò che risulta più soggettivo e quindi di difficile lettura, è il premio per il rischio sistematico in grado di generare forti oscillazioni dei prezzi (volatilità).

L’asset allocation da adottare

La strategia da seguire riteniamo sia quella bottom up, andando a privilegiare i titoli di quelle società che hanno tre caratteristiche fondamentali: leadership almeno europea nel proprio settore di riferimento, redditività mediamente più elevata rispetto a quella dei competitors e produzione di cassa per sostenere gli investimenti. Nel medio e lungo periodo l’insieme di queste condizioni dovrebbe mettere al riparo il portafoglio dalla volatilità dei prezzi che caratterizza il breve periodo.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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