Asset allocation, big tech: recupero possibile ma la cautela resta d’obbligo

Per gran parte del 2020-2021, le società Big Tech (Apple, Microsoft, Google/Alphabet, Amazon e Facebook/Meta) hanno alimentato il rally del mercato statunitense, grazie all’impulso dato dalla pandemia alla pubblicità e alle vendite al dettaglio online. Nel 2022 c’è stata un’inversione di tendenza e, con il rallentamento dell’economia, le aziende di beni di consumo hanno iniziato a tagliare la pubblicità e la spesa per il cloud computing (un importante motore di crescita) è stata ridotta.

In termini più generali, l’aumento dei tassi d’interesse ha spostato l’attenzione dei mercati sulle valutazioni delle società di crescita, con il risultato che è partita un’ondata di vendite resa ancora più marcata da alcune sorprese e delusioni in occasione dei recenti annunci di utili delle società Big Tech.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Cormac Weldon, responsabile dell’Azionario USA di Artemis.

A questo punto ci si chiede se il sell off è finito e se i colossi della tecnologia ritorneranno ad essere società di crescita indipendentemente dall’andamento dell’economia in generale. I risultati del terzo trimestre, annunciati di recente, ci consentono di fare un passo indietro e di mettere la situazione in prospettiva.

Benché le società siano alle prese con dinamiche diverse, i loro recenti risultati hanno messo in luce alcune tematiche comuni. La prima è che la forza del dollaro ha inciso molto più di quanto previsto a luglio scorso, quando sono stati annunciati gli utili per il secondo trimestre. In ogni caso, se si escludono gli effetti dei cambi, la crescita di fondo di ognuna di queste società si è rivelata abbastanza robusta, nonostante il confronto impietoso con i dati lusinghieri del corrispondente periodo dell’anno precedente. E questo nonostante il calo della spesa pubblicitaria e l’indebolimento della crescita del cloud computing.

In secondo luogo, a fornire sorprese negative sono stati i costi. Gli investitori si aspettavano dati in materia più incoraggianti, visto che si era parlato molto di congelamento delle assunzioni e di licenziamenti che, invece, non hanno avuto luogo nel terzo trimestre (anche se da allora ci sono stati annunci in tal senso). Le aziende hanno continuato a investire nel personale quest’anno, e il processo era ancora in corso all’inizio dell’estate. Anche se la crescita dei costi ora si fermerà o almeno rallenterà, la redditività nei prossimi trimestri non ritornerà ai livelli dello scorso anno.

I risultati di Amazon sono forse stati i meno sorprendenti di tutti. La società ha rivisto al ribasso le sue aspettative sulle vendite al dettaglio per la stagione natalizia, alla luce dell’incertezza dei consumatori dovuta al rialzo dei tassi di interesse e al rallentamento dell’economia. Deludenti anche i risultati della società nell’attività relativa al cloud, che fino a questo momento aveva compensato il calo delle vendite al dettaglio manifestatosi dopo il boom della pandemia. Più preoccupante è stata la lentezza nel ridurre i costi nel business del cloud. Riteniamo che la valutazione di Amazon in borsa non trovi ancora giustificazione e che la stessa probabilmente subirà un ulteriore calo.

Apple ha superato le aspettative per quanto riguarda i ricavi e gli utili per azione. La tenuta è stata relativamente buona quest’anno grazie al lancio di nuovi prodotti e, pertanto, riteniamo che sia costosa. La società ha tratto vantaggio anche da una spesa per consumi che finora si è rivelata più robusta degli investimenti delle aziende in un contesto economico sempre più fragile. Questa dinamica potrebbe cambiare all’inizio del prossimo anno, quando l’aumento dei tassi di interesse inizierà ad influire sulla fiducia dei consumatori. Anche i ritardi nelle spedizioni dell’iPhone 14 pro, a causa delle chiusure di fabbrica legate a Covid in Cina, potrebbero indurre a ritenere troppo alto il prezzo dell’azione che, come il titolo di Amazon, potrebbe a nostro avviso subire un ulteriore calo.

Per quanto riguarda Microsoft, riteniamo che il titolo sia stato oggetto di vendite massicce perché se da un lato gli investitori si aspettavano un rallentamento del business del cloud pubblico Azure, dall’altro le spese operative sono aumentate più del previsto perché l’azienda ha continuato ad aggiungere nuovi dipendenti. L’azienda si è impegnata a non aumentare la base dei costi con altre assunzioni, quindi non dovrebbero esserci ulteriori sorprese. Gli investitori però continueranno a preoccuparsi del rallentamento del business del cloud. Sebbene la situazione nel breve termine possa essere difficile, crediamo ancora nella crescita del cloud nel lungo periodo.

I ricavi rettificati per gli effetti dei cambi di Google/Alphabet danno un quadro migliore di quello che emerge dal dato riportato a bilancio. Il problema invece sono stati i costi, dato che nel trimestre ci sono state assunzioni record e non ci sono indicazioni abbastanza chiare sui costi operativi futuri. Ci sono ovviamente preoccupazioni per il fatto che i ricavi pubblicitari continuano a rallentare con il deterioramento dell’economia ma, a seguito dei cali del prezzo dell’azione, la valutazione di Google non sembra eccessiva. Riteniamo inoltre che il management sarà più disciplinato del previsto sui costi. Ad ogni modo, avremmo bisogno di maggiore chiarezza sui tagli della spesa pubblicitaria prima di essere più ottimisti sul titolo.

I risultati del terzo trimestre di Meta/Facebook sono stati un vero e proprio shock. Il piano di Mark Zuckerberg di investire nell’intelligenza artificiale e nel Metaverso ha provocato un calo del 25% del prezzo delle azioni in un solo giorno. La spesa per investimenti è destinata ad aumentare in misura pari a più del doppio, per raggiungere 39 miliardi di dollari, in un momento in cui la crescita dei ricavi segna il passo. È ovvio che la società sta effettuando investimenti ingenti in una fase congiunturale negativa per essere più competitiva nel lungo periodo ma è ancora presto per dire se questa è stata la cosa giusta da fare.

Quanto sopra è una panoramica delle nostre opinioni sulle azioni delle Big Tech. Per quanto riguarda il momento in cui si fermerà la corsa al ribasso delle azioni di queste società, riteniamo che il mercato voglia capire bene quando si arresterà il calo della spesa pubblicitaria in corso. Secondo Standard Media Index, settembre 2022 ha segnato il quarto mese consecutivo in cui la spesa complessiva è diminuita rispetto all’anno precedente (-5%). La tendenza potrebbe ancora invertirsi. Man mano che l’effetto dell’aumento dei tassi di interesse e la portata del rallentamento economico diventano più chiari, i prossimi mesi saranno probabilmente fondamentali. Nel frattempo, manteniamo un orientamento prudente.

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