Chi paga il conto della crisi?

Non mi è chiaro se il presidente sia stato ispirato direttamente dalla bibbia o se abbia ricevuto da uno dei suoi fedeli collaboratori un piccolo estratto dal’intervista rilasciata ieri da di Stephen Roach, presidente di Morgan Stanley per l’Asia, ossia il periodo in cui dichiara che “Via via che l’economia globale si raffredda, il dollaro potrebbe continuare a rafforzarsi e materie prime quali greggio e metalli base potrebbero calare”.

Non sapremo mai se Bush creda veramente che saranno ancora gli Stati Uniti a guidare il mondo, e che il mondo prostrato ai suoi piedi, nuovamente riconoscente offrirà materie prime a buon mercato accettando come pagamento dollari forte, anzi improvvisamente fortissimi, stampati di fresco (gli altri son finiti, a causa di un debito pubblico in crescita esponenziale), con quelli dell’OPEC di nuovo pronti a scannarsi in riunioni dove con la bocca proclamano tagli e sottobanco affamati di dollari nuovamente rivalutati scrivono contratti.

Un mondo perfetto, se non fosse per il piccolo particolare che lo stesso Stephen Roach, nonostante sia un fautore del “dollaro forte”, ritenga che la frenata economica mondiale sia appena iniziata, con gli Stati Uniti prossimi ad una “traiettoria di recessione” e con l’impatto della stretta creditizia che ancora deve essere sentito in pieno.

“C’è dell’altro in questa situazione oltre al solo contagio da parte dei mercati del credito, forse due terzi di questo contagio sono alle spalle, ma l’impatto sulla parte reale dell’economia Usa e sull’economia globale sono ancora alla fase iniziale.”, “L’espansione dell’economia Usa probabilmente si indebolirà nella seconda metà dopo un secondo trimestre più forte del previsto, via via che i consumatori stringeranno i cordoni della borsa. Ciò peserà sulle esportazioni europee e asiatiche e frenerà la crescita economica mondiale”, “Siamo nelle fasi iniziali della flessione negli Usa e del ciclo economico globale, man mano che l’umore dei consumatori Usa peggiorerà dopo lo scoppio della bolla, gli esportatori asiatici ne risentiranno. Questo è già evidente adesso in Cina e si sta propagando per tutta l’Asia.”

Rimane da capire se lo scenario dipinto da Stephen Roach verrà recepito dai governi asiatici, o se questi si illuderanno di poter uscire dalla crisi ricorrendo alla svalutazione delle proprie valute e abbandonando le rispettive borse al loro destino.

Anche oggi la borsa cinese, peggior borsa del mondo da inizio anno, perde oltre il 2% avvicinandosi sempre di più al traguardo della perdita di due terzi della capitalizzazione.

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