Asset allocation, azionario Usa nella trappola dell’inflazione

Il mercato azionario Usa è entrato in una fase in cui è molto sensibile alla pubblicazione dei dati sull’inflazione. Si muove ora basandosi prevalentemente sulle stime attese dell’inflazione e sui tassi di interesse e tiene meno in considerazione il calo sulla crescita e gli utili aziendali”. A farlo notare è Simone Di Biase, Head of Relationship Management di BG Saxo, che di seguito illustra nei particoli la propria view di mercato.

Mentre i dati sull’inflazione di novembre negli Stati Uniti hanno mostrato un altro mese di raffreddamento dell’inflazione, i titoli tecnologici statunitensi si sono rafforzati con il Nasdaq 100 in rialzo del 4%, tornando ai livelli più alti da settembre. L’entusiasmo per il ribaltamento dell’inflazione diminuirà con il tempo poiché la vera domanda è: a quale livello il tasso di inflazione si stabilizzerà? Sarà questo valore a determinare il costo del capitale a lungo termine.

L’inflazione sta ritracciando, ma qual è il punto di caduta?

Il future sul Nasdaq 100 ha visto un rialzo di quasi il 4% in questi giorni, portandosi al livello più alto da settembre. Questo perché l’andamento dell’inflazione statunitense di novembre mostra che l’inflazione core è stata dello 0,2%mese si mese contro lo 0,3% stimato, spingendo la variazione anno si anno al 6% rispetto a una stima del 6,1%.

Il rimbalzo di questi giorni sulle azioni, in linea con le precedenti reazioni ai dati sull’inflazione di ottobre, indica che il mercato azionario è estremamente sensibile alla traiettoria del tasso di inflazione. Questo perché essa determina il costo del capitale in futuro, che è la chiave per scontare i flussi di cassa futuri per le aziende.

Il cambio di passo dell’inflazione non è mai stato realmente messo in dubbio anche considerato che un tasso di inflazione core superiore al 6% non è mai stato sostenibile. Ora, pare evidente che la questione più importante è: a quale livello il tasso di inflazione si normalizzerà? Tornerà al 2% o sarà strutturalmente più alta?

In questo periodo tutte le strade portano, invece, a un possibile aumento o un alto livello di inflazione per una serie di fattori: le catene di approvvigionamento globali vengono spostate fuori dalla Cina, la trasformazione verde porta a costi energetici più elevati, il cambiamento climatico guiderà sempre più gli shock dell’offerta di prodotti agricoli, la riapertura dell’economia cinese che alimenta i metalli industriali e i prezzi dell’energia, l’accelerazione dell’urbanizzazione in India e l’aumento della spesa militare. Questo quadro, quindi, spinge a ritenere che l’inflazione strutturale sarà più elevata.

Oggi possiamo confermare che l’inflazione dei servizi Usa, esclusa l’energia, si è attestata allo 0,44% mese su mese a novembre, riducendo la media a sei mesi delle variazioni m/m allo 0,56%, il livello più basso da maggio, che si traduce in un’inflazione annualizzata del 6,9%. Questo livello è ancora troppo alto per la Fed perché la banca centrale cambi significativamente le sue prospettive. Come hanno affermato alcuni componenti della stessa Fed, sarebbe necessario vedere cifre di inflazione basse e sostenute da basi fondamentali prima di muoversi nella direzione di allentamento dei tassi.

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