Mercati, Giappone: crolla l’ultimo baluardo di QE. Le conseguenze

Con i mercati che hanno ormai abdicato a qualsivoglia ipotesi di un rally di
fine anno e con una tendenza sui listini in deciso declino nelle ultime
sessioni, di pari passo a una evidente diminuzione della liquidità in vista
dell’imminente periodo festivo, il tentativo di ripresa dei listini asiatici di cavalcare il tema della ripertura cinese, è stato brutalmente frustrato dalla più che sorprendente decisione della Bank of Japan di allargare il proprio target massimo sulla curva dei rendimenti decennali allo 0,5% dallo 0,25% precedente.

Certo un movimento di caratura ridotta se guardiamo ai movimenti sui tassi portati quest’anno da FED, BoE e BCE, ma indubbiamente il più inatteso dal 2016 quando si decise di inaugurare un periodo di tassi di interesse negativi e con implicazioni più che rilevanti dato che proprio il Giappone era rimasto fino a oggi l’unica economia di quelle avanzate a perseguire con ferma determinazione una politica di allentamento quantitativo che attraverso l’interveno della Banca Centrale del Paese ha tenuto per anni i rendimenti dei titoli di Stato rigidamente ancorati in prossimità della quota zero.

La capitolazione dell’ultimo baluardo di QE sui mercati, oltretutto consegnata in un momento in cui come detto innanzi, la liquidità del sistema veleggia sui minimi di periodo, si è riverberata come una vera e propria onda sismica sui mercati, con lo yen che va a guadagnare sostanziale terreno nei confronti di dollaro ed euro e con i mercati azionari asiatici che sprofondano nel rosso trascinati proprio dalle pesanti flessioni degli indici nipponici.

Inevitabile il condizionamento su altri comparti, in primo luogo quello del reddito fisso (che vede i rendimenti sui titoli di stato salire, dagli USA all’Australia fino all’Europa).

Si torna quindi a navigare in acque agitate, complici anche notizie di spicco quali la potenziale inciminazione di Trump per i fatti avvenuti il 6 gennaio o la delusione di Musk che si è visto uscire perdente dal sondaggio da lui stesso promosso sull’opportunità di un cambio di guida su Twitter (ma con una eleganza invidiabile ne esce oggi affermando che era una trappola per individuare gli odiati “bot” sulla piattaforma), il che crea le premesse per un certo nervosismo in vista dei dati macro attesi, tra cui vendita di case esistenti USA, PIL americano e soprattutto ordini di beni durevoli e deflattore PCE (indicatore di inflazione preferito dalla FED).

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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