Asset allocation: per Amundi il 2023 sarà asincrono

Il rally del mercato ribassista si è verificato ad ottobre e novembre, ma i forti dati di novembre sull’occupazione negli Stati Uniti hanno tolto mordente alla narrativa dovish dei mercati. Tutto ciò ha creato un quadro incerto per l’inflazione USA, vista la persistenza dell’inflazione nel settore dei servizi. La Fed dal canto suo ha rallentato il ritmo dei rialzi dei tassi, ma ha ribadito che la sua missione non è affatto conclusa.

Crediamo che le banche centrali, BCE inclusa, si muoveranno sul filo del rasoio perché il rischio di errori a livello di politica monetaria è molto alto. Ci troviamo inoltre in una situazione in cui stanno aumentando i rischi geopolitici sia in Europa, sia negli Stati Uniti. Nei Paesi emergenti, l’accelerazione della riapertura economica in Cina dovrebbe spianare la strada a una ripresa della sua economia in tempi più rapidi del previsto mentre l’Europa sarà ancora in recessione e l’economia statunitense sperimenterà un forte rallentamento“. Ad affermarlo è Vincent Mortier, Group Chief Investment Officer di Amundi, che di seguito illustra più nel dettaglio la view.

Emerge già molto chiaramente quello che sarà un elemento saliente dell’outlook per il 2023, ovvero la forte asincronia a livello regionale dei cicli economici che potrebbe portare alcune opportunità per gli investitori.

I mercati, visto il contesto economico, attendono una conferma del regime di correzione alla fine del 2022 e nel primo semestre del 2023, con un’inflazione in via di rallentamento ma ancora la di sopra dei livelli normali. La fase di correzione sarà innescata dalla recessione degli utili che si materializzerà in particolare nel primo semestre. Gli investitori non dovrebbero aggiungere rischio al portafoglio, bensì dopo i recenti rialzi muoversi nuovamente con maggiore cautela sull’azionario ad essere complessivamente prudenti.

In una prospettiva cross-asset, cerchiamo attivamente di individuare le opportunità derivanti dalle discrepanze del mercato e dalle asincronie delle politiche monetarie che si manifesteranno a breve per via delle diverse risposte al rallentamento della crescita e all’indebolimento dell’inflazione. Ora, dopo che il rimbalzo si è svolto come previsto, abbiamo adottato un atteggiamento prudente sulle azioni, con una posizione neutrale sugli Stati Uniti e un posizionamento ancora cauto sull’Europa. Abbiamo anche ridimensionato la nostra view positiva sul credito dopo la sua partecipazione al rally, ma rimaniamo comunque leggermente costruttivi. Siamo inoltre dell’idea che gli investitori dovrebbero cercare di tutelare i loro investimenti dotandosi di coperture come i Treasury statunitensi e l’oro.

Recentemente i titoli azionari statunitensi sono stati trainati più dai movimenti ribassisti dei rendimenti core che da un miglioramento significativo dei fondamentali aziendali. Vediamo rischi di ribasso e un payoff asimmetrico e stiamo adottando una posizione prudente sul breve termine perché le valutazioni attuali non riflettono la rischiosità della redditività in caso di recessione. Pertanto, assumiamo una posizione neutrale sul mercato statunitense. In Europa, regione più esposta allo shok stagflattivo, prosegue l’incertezza legata al conflitto in Ucraina. La mancanza di una risposta politica comune e le pressioni inflazionistiche ci hanno indotto ad aumentare ancora di più la nostra posizione difensiva sull’Europa. In termini relativi, manteniamo la nostra preferenza per gli Stati Uniti rispetto all’Europa.

Per quanto riguarda le obbligazioni sovrane i mercati hanno continuato a monitorare l’andamento dell’inflazione e la reazione della Fed, ma crediamo che ben presto rivolgeranno la loro attenzione alla crescita e ai timori di recessione. Per il momento, la direzione dei tassi è ancora al rialzo. La Fed ha spiegato che ora si attende un tasso terminale più alto di quello che prevedeva a settembre. Sta assumendo sempre più importanza l’interrogativo riguardo a fino a quando le banche centrali manterranno il loro orientamento restrittivo. Visto il rallentamento della crescita economica e viste le indicazioni relative alle variazioni riguardanti l’entità dei rialzi dei tassi è necessaria una gestione attiva della duration.

I mercati del credito hanno beneficiato del rally del mercato ribassista nonostante la transizione verso un aumento dei costi di finanziamento che potrebbe potenzialmente essere più doloroso soprattutto per gli emittenti di obbligazioni High Yield con un basso rating e un’eccessiva leva finanziaria. I fondamentali societari rimangono solidi, ma le disponibilità liquide sono in calo. La capacità delle aziende di generare flussi di cassa e di resistere alle pressioni di rifinanziamento potrebbe essere compromessa in caso di deterioramento del contesto economico. Questo quadro potrebbe aggravarsi qualora le banche decidessero di inasprire le condizioni di finanziamento. Nel complesso, riguardo al credito, intravediamo opportunità relativamente migliori nelle obbligazioni Investment Grade USA rispetto a quelle europee e rimaniamo prudenti sul segmento high yield.

Il dollaro statunitense è una variabile chiave da seguire con attenzione per individuare soprattutto le opportunità sui mercati emergenti. Secondo noi i fattori che hanno penalizzato le obbligazioni dei mercati emergenti nel 2022 svaniranno progressivamente nel 2023 quando ritorneranno alla ribalta i driver specifici dei singoli Paesi. Manteniamo un’opinione positiva sul debito in valuta forte e crediamo che una parte del debito in valuta locale diventerà progressivamente interessante. In generale, i piani di riapertura in Cina diventeranno nel 2023 un altro catalizzatore positivo per i Paesi emergenti. La recente decisione del governo cinese di rimuovere alcune restrizioni anti-Covid depone a favore di una ripresa anticipata dell’economia.

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