Asset allocation: la view di Allianz GI

Il 2022 è stato per molti versi un “annus horribilis” nonostante i significativi passi avanti di molti Paesi per riprendersi dalla pandemia. “Anche nel 2023 gli investitori dovranno affrontare grandi sfide. Nel nuovo anno i mercati continueranno a essere influenzati dagli sviluppi sul fronte economico, monetario e geopolitico. L’inflazione, tornata a catalizzare l’attenzione mondiale, può rappresentare un chiaro indicatore dell’aumento degli squilibri ciclici e strutturali tra domanda e offerta nell’economia globale. Gli sconvolgimenti cui abbiamo assistito sono stati causati in primo luogo dall’erogazione di stimoli monetari e fiscali eccessivi in un contesto caratterizzato da cambiamenti strutturali (parole chiave: demografia, deglobalizzazione, decarbonizzazione) e shock esogeni (COVID, Ucraina) profondi. Per riprendere un percorso di crescita sostenibile e riportare l’inflazione al livello target delle banche centrali occorrerà un processo di adeguamento ciclico e strutturale pluriennale dell’economia mondiale volto a ripristinare l’equilibrio. Il 2023 infatti sarà il primo anno in cui si cercherà di tornare a una situazione di equilibrio”. Ad affermarlo è Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors, che di seguito illustra nel dettaglio l’allocazione tattica per azioni, obbligazioni, valute e commodity.

Azioni
– Al di fuori degli Stati Uniti le valutazioni azionarie a livello di indici appaiono attraenti. In quest’area aumentano le opportunità di ingresso sul mercato per gli investitori pazienti.

– I rischi per le prospettive economiche potrebbero non essere scontati appieno nelle stime di utili. A livello di indice, la crescita degli utili è trainata soprattutto dal comparto energetico, mentre per gran parte degli altri settori si registrano già revisioni al ribasso delle prospettive di utili. Sinora in Europa le previsioni di utili hanno dato prova di resilienza, anche se un forte sostegno è giunto dagli effetti dei cambi. A essere favorite sono state in particolare le aziende europee che generano buona parte del fatturato in dollari USA.

– Per il momento i mercati azionari dovrebbero rimanere vulnerabili alla volatilità. Nelle fasi di debolezza gli investitori avranno quindi la possibilità di riposizionare il portafoglio in
vista dell’avvio di un nuovo ciclo. Le strategie “income”, caratterizzate dalla distribuzione di dividendi stabili ed elevati, nonché da un’ampia diversificazione a livello settoriale,
dovrebbero acquisire rilevanza, così come gli investimenti tematici, p.e. nell’area della decarbonizzazione.

Obbligazioni
– Dato l’aumento dei rendimenti gli investitori tornano a interessarsi ai titoli governativi, in particolare negli USA.

– Le obbligazioni governative potrebbero apparire interessanti in un contesto caratterizzato da una diminuzione dei timori per l’inflazione a cui fa da contraltare l’aumento delle preoccupazioni circa la crescita. In ogni caso, si privilegia una ripresa graduale degli investimenti nell’asset class, almeno finché si prospetteranno nuovi rialzi dei tassi delle banche centrali.

– Quanto ai titoli corporate (Investment Grade e High Yield – quindi con affidabilità creditizia maggiore o minore), è preferibile avere ancora un po’ di pazienza. Considerati i maggiori rischi di recessione globale, le valutazioni non risultano particolarmente interessanti.

– In riferimento alle obbligazioni dei mercati emergenti, vale la pena di monitorare le condizioni finanziarie globali. Tendenzialmente queste ultime dovrebbero diventare ancor più restrittive. È quindi raccomandabile usare prudenza.

Valute
– In base al nostro modello di equilibrio a lungo termine il dollaro è leggermente sopravvalutato rispetto alla maggior parte delle principali valute dei Paesi avanzati ed emergenti.

– Il dollaro si conferma forte nonostante le indicazioni sulla valutazione. Al momento, un consolidamento del trend del dollaro appare realistico solo se nei prossimi mesi altre banche centrali opereranno un inasprimento analogo a quello della Fed e lo svantaggio competitivo dei costi dell’energia relativi tornerà a rappresentare un fattore penalizzante per gli Stati Uniti.

– Se l’apprezzamento del dollaro dovesse proseguire, in tutto il mondo aumenteranno i rischi per la stabilità finanziaria, in particolare nei Paesi emergenti che devono provvedere al servizio di un debito elevato denominato in USD. Numerosi Paesi con valute nazionali deboli importano inflazione nelle rispettive economie. Vale anche per l’Eurozona.

Materie prime
– Sulle commodity è preferibile un posizionamento tattico neutrale.

– I principali fattori d’influenza mandano segnali eterogenei. La forza del dollaro penalizza diverse materie prime. È atteso un generale rallentamento della domanda. A tale evoluzione in alcuni casi farà comunque da contraltare una riduzione dell’offerta e degli investimenti (p.e. un taglio delle forniture di petrolio dell’OPEC). Nel caso di altre commodity l’offerta è
imitata per ragioni strutturali.

– La decarbonizzazione dell’economia mondiale dovrebbe offrire opportunità in termini di investimenti nell’efficienza energetica e di transizione alle energie da fonti rinnovabili, indipendentemente dalle tempistiche.

 

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