Mercati, Forex: il dollaro continua a perdere terreno

Uno dei comparti che sicuramente ha regsitrato movimenti importanti in
queste ultime settimane è quello valutario. Il dollaro, in particolare, è arrivato a
cedere oltre il 15% rispetto ai massimi di periodo contro euro e
una media del 10% se confrontato con il principale paniere di divise di
riferimento.

In questo scanario, si consolida tra gli analisti la convinzione che il movimento ribassista sul biglietto verde possa ancora proseguire con obiettivi che ora si attestano in area 1,15 almeno a sentire gli uffici studi di banche quali Deutsche Bank, Morgan Stanley o Nomura Securities. La rinnovata positività sull’euro deriva indubbiamente dall’aver evitato nella regione quegli scenari apocalittici delineati alla vigilia dell’inverno grazie a temperature che si sono attestate decisamente al di sopra della norma, con l’ulteriore beneficio rappresentato dalla ripertura della Cina che promette di allentare le problematiche europee sulla catena logistica.

Se guardiamo gli Usa di contro, come se non bastassero gli ormai concordi segnali di spinte recessive (ultimo in ordine di tempo il recente collasso mostrato dal settore servizi come rilevato dall’indice ISM), c’è un tema che sta acquisendo sempre più spazio nei commenti degli analisti, ovvero la poderosa impennata del debito al consumo che nella più recente rilevazione relativa al mese di novembre ha registrato un nuovo picco storico al 4,757 trilioni di dollari. All’inizio del periodo delle festività i consumatori americani hanno quindi ricorso ancor più massicciamente al debito sulle proprie carte di credito per finanziare gli acquisti (e difficilmente il dato di dicembre mostrertà una inversione di tendenza). Il problema, e non è certo un problema da poco, è che nel frattempo nel corso del quarto trimestre del 2022 il tasso di interesse medio sui debiti al consumo si è portato ad un livello prossimo se non superiore al 20% ovvero il più elevato  dall’inizio della rilevazione di questa statistica databile al 1995.

Nel frattempo, tra rientro della Cina sui mercati, dollaro debole e generale
atteggiamento propenso al rischio, le materie prime proseguono la loro volata incensate come spesso accade dagli analisti più vivaci nelle loro
previsioni tra cui ovviamente non può mancare una Goldman Sachs che già
si avventura in proiezioni che vedono il petrolio attestarsi in area 110 dollari al barile e un rame che entro fine del 2023 potrebbe con facilità elevarsi su nuovi massimi storici in area 11.500 dollari per tonnellata.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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