Mercati: sorprende il dato sul Pil cinese

Dati cinesi sorprendenti quelli di ieri. L’Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino ha reso noto i dati sul PIL del quarto trimestre che ha fatto registrare una crescita annua del +2,9%, nettamente superiore alle attese del +1,6% e dopo il +3,9% del terzo quarter. Da inizio anno il dato segna una crescita del 3%, in linea alla rilevazione precedente ma oltre il consensus (+2,7%). Rispetto al terzo trimestre il PIL segna una variazione sostanzialmente nulla, ma ben sopra le attese del -1,1%. Crescita sostenuta soprattutto dalle vendite al dettaglio che fanno segnare una variazione del -1,8% contro -8,6% stimato.

Da ricordare che le stime di crescita del Governo indicavano una crescita del 5,5% per l’intero 2022. Riteniamo che il gap tra i due dati sia per lo più dovuto al crollo del prezzo di vendita delle case (- 28,3% nel 2022), in parte dovuto all’azione di governo.

Per contro, in Europa, ieri il chief economist della BCE ha raffreddato le aspettative che la banca centrale, pur di fronte a una riduzione della dinamica inflattiva, abbassi la guardia. Lane ha infatti sostenuto che la BCE deve aumentare di più i tassi, bilanciando i rischi di fare troppo rispetto a fare troppo poco. Lane ha anche dato qualche generica indicazione per il futuro, dicendo che probabilmente il rialzo dei tassi e il successivo bilanciamento dei rischi, sarà un problema per il prossimo anno o due.

Esulando in parte dal mandato della BCE, Lane ha ricordato ai governi di ridurre i disavanzi di bilancio che ancora permangono. A questo scopo sarà necessario nei prossimi anni un significativo aggiustamento fiscale. Occorre infatti arrivare ad una situazione normale in cui la politica fiscale non sia eccessivamente accomodante e non vada a contrastare gli sforzi della BCE nel ridurre la corsa dei prezzi.

Il discorso del capo economista non fa una piega. E’ ovvio che il sistema economico deve tendere a un equilibrio stabile in cui politica monetaria e fiscale contribuiscano alla crescita economica con buona pace di tutti. E’ l’ottimo paretiano. Il problema è che Lane non ha ben chiarito (anzi non l’ha fatto per nulla) come e con quali strumenti la politica monetaria riuscirà nell’intento di bilanciare opportunisticamente i rischi (che sono quelli di una contrazione della domanda aggregata e quindi del PIL e dell’occupazione), in presenza di stimoli fiscali destinati a perdurare e di possibili rivendicazioni salariali, che sostengono i consumi e quindi l’inflazione. Ha infatti poco senso economico e finanziario che la politica fiscale stimoli i consumi che la politica fiscale vuol ridurre.

In altre parole, ha ragione Powell quando dice che sono necessari sacrifici di breve periodo per poter poi avere una crescita economica sostenibile, oppure la BCE quando sostiene che occorrono due anni per bilanciare i rischi di una politica monetaria che potrebbe diventare troppo ristrettiva o troppo accomodante? O magari, viste le diverse reazioni della struttura economica agli strumenti di politica monetaria, hanno ragione tutti e due?

Siamo convinti che una banca centrale dovrebbe definire il percorso verso gli obiettivi che si è data, riservandosi ovviamente una certa flessibilità, e non genericamente sostenere che i rischi del fare tropo poco o troppo tanto sono rilevanti. I mercati finanziari questo lo sanno perfettamente e, anche siamo convinti che l’intento della BCE fosse quello di normalizzare i mercati, le parole di Lane non fanno altre che alimentarne la volatilità.

Nel momento in cui i mercati finanziari sono chiaramente guidati dalle azioni e soprattutto dalla forward guidance (che la BCE ha abbandonato) delle banche centrali, forse non è stato del tutto opportuno.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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