Mercati, dollaro: la view di Gam Sgr

Nel corso del 2022 le iniziative del Governo e della banca centrale sono state combustibile ad alto contenuto di ottani per le azioni Usa, in particolare per il settore tecnologico che ha messo a segno risultati entusiasmanti dai minimi del 2020. Ora però il cambio di marcia della Fed segnala qualche cambiamento, Wall Street ha continuato a salire ma i tecnologici hanno pagato pegno e l’indice S&P 500 non è salito quanto l’indice delle azioni europee Stoxx 600 e l’indice MSCI dei listini emergenti. Qualcosa è accaduto anche alla strana coppia dollaro/euro.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR.

La coppia valutaria più osservata sulle due sponde dell’Atlantico ha iniziato il 2022 con il biglietto verde sugli scudi. Attorno a metà anno, sul picco dell’inflazione USA oltre il nove percento, il rapporto con l’euro scese sotto la parità, momento fugace che si ripresentò a settembre, nei giorni della chiusura del gasdotto Nord Stream 1 e delle tensioni con la Russia.

È stata soprattutto la politica monetaria degli Stati Uniti a guidare la strana coppia, l’euro è stato condizionato più dalla Fed che dalla Banca Centrale Europea. Invece, in questo inizio anno, i rapporti di forza sono cambiati, il calo dell’inflazione, la discesa dei rendimenti dei Treasury e il ritardo della BCE sulla Fed hanno risollevato l’euro.

Il Dollar Index (DXY) è del 10% sotto il picco, i mercati emergenti respirano e negli ultimi sei mesi l’euro si è apprezzato del 6% circa nei confronti del biglietto verde. Rallenta l’aumento dei tassi a Washington, diminuisce l’appeal del dollaro come bene rifugio, torna l’appetito per il rischio, migliorano le prospettive economiche per l’Europa e per i mercati emergenti aree sulle quali sono tornati i flussi di investimento.

Dopo il 2022 stravolto dalla guerra in Ucraina e dallo shock energetico, le azioni europee si presentano con valutazioni interessanti, prospettive di crescita sostenute dalla forza degli utili e dalle tendenze dell’economia globale. Il nuovo scenario comporta tassi e rendimenti strutturalmente più alti, i mercati si stanno adeguando gradualmente, il passaggio nella condizione inflazionistica comporta anche il cambio della strategia di investimento, dall’attacco (estrazione di quanta più performance possibile da mercati “bullish”) alla difesa, “primo non prenderle”, ovvero difendere il valore reale dell’investimento.

Il passaggio di fase comporta evidentemente il cambio delle politiche monetarie e un re-rating delle valutazioni relative tra i settori, favoriti i titoli dell’energia e i finanziari. La guerra ha accelerato la fine dell’energia a basso costo proprio in una fase della storia in cui la domanda di energia è massima, alimentata dall’aumento della classe media nei paesi emergenti dove il consumo di energia pro-capite è una frazione dei livelli OCSE.

Gli investimenti programmati nella transizione energetica sono ingenti, orientati al miglioramento tecnologico e al superamento dei colli di bottiglia nella catena del valore. Gli investimenti green potranno avere ricadute inflazionistiche ma saranno anche carburante per la crescita in Europa e per la ripartenza del credito: dopo un lungo periodo di riduzione della leva finanziaria e di miglioramento degli standard patrimoniali, il sistema bancario europeo ha carte in regola per accompagnare la transizione energetica.

In un contesto di bassa crescita c’è bisogno di storie di crescita e il settore tecnologico è il posto migliore dove cercare. I portafogli hanno bisogno di realismo, ovvero fare i conti con il nuovo scenario, e di flessibilità, evitare il dogmatismo degli stili. La direzione dell’economia è ancora incerta e anche la relazione della coppia euro e dollaro è condizionata dall’evoluzione dello scenario.

È probabile che nel breve termine prosegua la debolezza del dollaro ma non perdiamo di vista i possibili recuperi che potrebbe avere per la sicurezza che il biglietto verde offre nelle fasi di tensione o l’ipotesi che l’inflazione diminuisca più lentamente e la Fed mantenga la stance restrittiva più a lungo di quanto atteso.

Nel lungo termine il dollaro è insidiato dai tentativi di Cina, Russia e altri paesi emergenti di costruire un sistema monetario alternativo, che li affranchi dall’area di influenza degli Stati Uniti. Nonostante ciò, riteniamo che “l’esuberante privilegio” di bene rifugio del biglietto verde sarà difficilmente scalfito, la forza del dollaro non fonda solo su un’economia forte ma anche su una economia libera, su un mercato liquido regolato dai prezzi e dalla legge, su un sistema giuridico liberal-democratico che i paesi che vogliono sottrarsi alla sua influenza non possiedono.

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