Investimenti: sostenibilità vs rendimenti. Come comportarsi

“Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”: in molte lingue esistono espressioni del genere che affermano che laddove ci sono dei benefici, tendono a esserci anche dei costi. Questo tipo di scetticismo si applica anche agli investimenti sostenibili. La domanda perenne dei clienti è: investire in modo sostenibile significa fare a meno dei rendimenti? Ecco di seguito la view di Willem Schramade, Head of Sustainability Client Advisory di Schroders.

La risposta breve è no. Le evidenze accademiche (si vedano ad esempio i meta-studi di Friede et al., 2015, e Atz et al., 2022) dimostrano che gli investimenti sostenibili in genere non riducono i rendimenti finanziari. Ma questo non elimina le preoccupazioni dei clienti. La risposta più sfumata è: dipende. Sì, gli approcci all’investimento sostenibile possono migliorare i profili di rischio-rendimento, grazie a una migliore gestione del rischio, a una migliore analisi dei fondamentali e/o a esposizioni a fattori più favorevoli. Ma possono anche danneggiare i profili di rischio-rendimento a causa di eccessive riduzioni nell’universo degli investimenti. Dipende molto dagli obiettivi e dai metodi utilizzati.

Si parla molto dei metodi di investimento sostenibili (esclusioni, analisi fondamentale integrata ESG, ecc.) e dei dati utilizzati, e in effetti c’è molto da discutere. Ma sarebbe un peccato saltare gli obiettivi. Come diceva il filosofo e statista romano Lucio Seneca: “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare”. Anche negli investimenti sostenibili è necessario sapere dove si va per poterci effettivamente arrivare.

Gli obiettivi di investimento sostenibile sono generalmente di due tipi, entrambi di vario grado, da inesistenti a molto ambiziosi, e possono essere combinati a vari livelli:

  1. La sostenibilità come mezzo per ottenere risultati finanziari (questo è l’obiettivo della maggior parte dell’integrazione ESG); e
  2. La sostenibilità come obiettivo in sé: ottenere migliori risultati sociali e ambientali, in cui i clienti possono stabilire risultati desiderati molto specifici.

Sempre più spesso gli investitori istituzionali vogliono essere ambiziosi in entrambi gli ambiti. La relazione tra questi due obiettivi non è semplice: in alcuni casi si rafforzano a vicenda, in altri comportano dei compromessi.

Cominciamo con il primo obiettivo. Nella sua forma più superficiale, si tratta semplicemente di voler accontentare gli stakeholder e le autorità di regolamentazione, evitando danni alla reputazione. Nella sua versione più ambiziosa, l’intento è raggiungere una migliore comprensione e gestione del rischio, delle opportunità e dei rendimenti, in un modo che combina dati e analisi previsionali fondamentali. Ciò può effettivamente migliorare notevolmente i profili di rischio-rendimento.

Anche la seconda dimensione, la sostenibilità come obiettivo in sé, presenta diversi livelli di ambizione. In questo caso lo spettro inizia con l’assenza di obiettivi di questo tipo, ma la maggior parte degli investitori è passata alla fase successiva: l’obiettivo di evitare i danni più gravi, ad esempio escludendo i trasgressori del Global Compact delle Nazioni Unite, la più grande iniziativa volontaria di sostenibilità aziendale al mondo. Ma gli investitori possono scegliere di essere più severi nelle loro esclusioni. Inoltre, potrebbero voler selezionare i loro investimenti per fare del bene, formulando criteri di selezione positivi. Ciò può essere fatto in almeno due modi.

Il modo più ovvio è quello di effettuare investimenti che abbiano un impatto positivo dimostrabile. Il modo meno semplice è quello di investire in aziende che hanno un contributo negativo al valore sociale o ambientale, ma con l’impegno di migliorare fortemente il loro contributo attraverso un engagement attivo.

Una volta che gli obiettivi sono chiari, si possono affrontare le altre questioni: come rendere operativi gli obiettivi? Come definire il successo? Quali strategie utilizzare? Quali compromessi sono necessari? Come misurare i risultati? Con quali dati? Come comunicarli agli investitori? Come spiegare loro che non state rinunciando ai rendimenti, anche se sembra che sia così?

Un direttore di un fondo pensione canadese lo ha riassunto così: “Nell’investimento sostenibile non rinunciamo ai rendimenti, perché non rientra nel mandato di un fondo pensione rinunciare ai rendimenti. L’orizzonte è cruciale: il nostro mandato è quello di generare buoni rendimenti nei prossimi 50 anni. Ciò significa che dobbiamo investire in modelli di business adatti al futuro”.

La presunta contrapposizione tra le aziende gestite in modo sostenibile e i rendimenti che esse producono non è corretta. È infatti difficile capire come si possano generare rendimenti senza considerare la sostenibilità in un contesto in cui le sfide della sostenibilità creano rischi, opportunità e interventi politici e sociali.

Ciò mette in evidenza l’importanza dei modelli di Schroders sulle esternalità. Essi fanno parte del nostro sforzo di comprendere le implicazioni di rischio-rendimento degli investimenti sostenibili, soprattutto laddove i dati sono confusi, insieme all’applicazione di un solido processo di costruzione del portafoglio.

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