Mercati in allarme dopo le minute del Fomc

Ieri sera sono state rese note le minute del meeting del FOMC dello scorso 1-2 febbraio. Come ci aspettavamo, non ci sono novità di rilievo. Ribadiamo che il giudizio dei membri del FOMC non poteva ovviamente considerare i dati di minore rallentamento dell’inflazione rispetto a quella attesa e resilienza dell’occupazione, usciti in seguito.blu

Quasi tutti i membri del FOMC hanno concordato sull’opportunità di aumentare di 25 punti base l’intervallo obiettivo per il tasso sui fed funds nell’ultima riunione. In quell’occasione la FED ha deciso infatti di aumentare i tassi di interesse di 25 bp al 4,50-4,75%.

Alcuni membri erano invece favorevoli ad un aumento dei tassi di 50 bp, sottolineando che tale dinamica avrebbe avvicinato più rapidamente la fascia-obiettivo ai livelli che consentirebbero di raggiungere un orientamento di politica monetaria sufficientemente restrittivo.

Nel discutere le prospettive di politica monetaria, con l’inflazione ancora ben al di sopra dell’obiettivo del 2% e il mercato del lavoro ancora molto teso, l’unanimità dei membri del FOMC si è detta d’accordo nel mantenere una politica monetaria restrittiva fino a quando i dati in arrivo non fornissero la certezza che l’inflazione fosse su un percorso discendente.

Ed è proprio qui il punto. Alla luce dei dati usciti in seguito al meeting del FOMC, il percorso  richiederà probabilmente più tempo di quello ipotizzabile a fine dicembre. E i mercati lo hanno immediatamente capito. Non solo, ma alcuni analisti ipotizzano che il prossimo rialzo dei tassi sarà nuovamente di 50 bp.

I rischi al rialzo dell’inflazione continuano infatti ad essere concreti ed a preoccupare la FED. Rischi che si chiamano mercato del lavoro, che rimane teso più a lungo del previsto, catene di approvvigionamento la cui normalizzazione procede più lentamente del previsto e tensioni geopolitiche, che non accennano a diminuire.

Subito dopo la pubblicazione i rendimenti obbligazionari sono aumentati e il dollaro è avanzato rispetto a un paniere di valute, mentre le azioni USA hanno ridotto i guadagni. Il rendimento dei titoli a 2 anni, scadenza più sensibile alle aspettative della politica della FED, è salito di circa 4 punti base rispetto al livello precedente al rilascio a circa il 4,69%. L’indice S&P 500, in rialzo di circa lo 0,25% prima dell’uscita dei verbali, è sceso vicino al valore invariato della giornata.

I futures legati al tasso ufficiale della Fed scontano ora almeno altri tre aumenti dei tassi di 25 bp ciascuno un quarto nelle prossime riunioni, con i prezzi dei contratti che puntano a un intervallo di tassi sui fondi federali massimi del 5,25%-5,50%.

Non cambia la strategia. Continuiamo a ritenere vantaggioso un portafoglio che associ alla salvaguardia del capitale, l’esigenza di reddito. In quest’ottica riteniamo corretta una selezione dei titoli guidata da un approccio value, volto a privilegiare società che storicamente hanno distribuito dividendi.

In altre parole, la ricerca di quelle società in grado di generare utili anche in un contesto particolarmente sfidante, come quello che si prospetta per il 2023, e siano caratterizzate da resilienza ai rischi geopolitici.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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