Mercati: quattro scenari dopo la Fed

Dopo un ottimo inizio 2023, favorito dall’allentamento delle aspettative della Fed, i dati economici di febbraio hanno portato a un aumento vertiginoso dei rendimenti obbligazionari e a un calo dei mercati azionari. In questo scenario, ecco di seguito la view di Carlo De Luca, responsabile Asset Management, e di Alessio Garzone, Analyst & Investor Advisor, di Gamma Capital Markets.

Il fattore chiave è stato sicuramente il sentiment meno ottimista dato dalle aspettative sui tassi di interesse: se a fine gennaio si scontavano ancora tre rialzi da 25 punti base (tasso terminale 5.25%) e due tagli di tassi di interesse entro la fine del 2023, a febbraio gli investitori hanno iniziato a scontare quattro rialzi di tassi da 25 punti base (tasso terminale 5.50%) e nessun taglio entro la fine dell’anno, visto che la strada per raggiungere il target dell’inflazione prefissato dalla Fed è ancora lunga.

Nel versante macroeconomico, il mercato del lavoro resta molto teso e complesso: il dato sulle variazioni del Nonfarm Payrolls è stato pari a +517.000, superiore alle attese di +180.000 e altresì superiore al precedente (pari a +260.000 rivisto al rialzo), l’Average Hourly Earnings YoY% è stato pari a 4.40%, superiore alle attese di 4.30% ma inferiore al dato precedente pari a 4.80%.

I dati sull’inflazione sono stati superiori alle aspettative: il CPI Index è cresciuto del +6.40% rispetto al +6.20% delle aspettative, mentre il dato core (ex food and energy) è cresciuto del +5.60%, superiore alle aspettative di 5.50%.

Nessun taglio è previsto entro il 2023, come invece precedentemente stimato a febbraio (vedi Market Overview “Tra falchi e colombe”, Febbraio 2023). Più inasprimento significa un’inversione della curva più profonda e maggior rischio recessione. In effetti, attualmente la curva dei rendimenti dei Treasury americani 2-10 anni ha raggiunto quota -100 bps (quindi negativa), con il rendimento dei bond a 2 anni che ha raggiunto il 5.00% e il rendimento del 10 anni che è sceso al 3.94%. Di solito le curve dei rendimenti tendono verso l’alto perché gli investitori richiedono naturalmente un rendimento più elevato nel vincolare il loro capitale per lunghi periodi. In tal caso si parla di irripidimento della curva, mentre in caso contrario, ovvero quando i tassi a breve valgono più di quelli a lungo, sono indicazione di timori nell’economia. In quest’ultimo caso si parla di inversione della curva.

La testimonianza al Senato del presidente Powell ha avuto un’impostazione decisamente aggressiva, sottolineando la possibilità di tenere i tassi più alti e più a lungo (in gergo tecnico, higher for longer) sulla base dei prossimi dati economici. Sebbene sia possibile che i prossimi rapporti sul mercato del lavoro mostrino ancora scarsi segnali di indebolimento, è bene ricordare che le letture negative tardano solitamente ad arrivare, dato che l’occupazione è spesso l’ultimo indicatore economico a vacillare: le aziende, infatti, intraprenderanno altre azioni di riduzione dei costi prima di iniziare a licenziare dipendenti (un esempio potrebbe essere la riduzione di nuovi ordini, come mostrato dagli ultimi dati dell’ISM).

Tornando al tema recessione, secondo la nostra view, gli scenari attualmente possibili sono quattro:

Soft, hard and no landing scenario

È evidente che per i mercati azionari gli scenari migliori sono quelli del soft landing e del no landing (con diminuzione dell’inflazione). In effetti, nel primo caso, la crescita dell’economia risulterebbe lenta e/o modesta con una conseguente disinflazione graduale verso l’obiettivo del 2% prefissato dalla Fed. Una volta raggiunto il risultato senza troppe verticalizzazioni sull’economia, il FOMC potrebbe iniziare a deliberare un taglio dei tassi, graduale. In questo caso, il lavoro della Fed risulterebbe perfetto e senza intoppi. Nel secondo caso – no landing (con diminuzione dell’inflazione) – la crescita resterebbe stabile, la disinflazione avrebbe un ritmo più lento e le azioni della Fed resterebbero più dipendenti dai prossimi dati. È sì uno scenario di incertezza, ma di certo il male minore.

Al contrario, gli scenari peggiori sono l’hard landing, dove l’economia entra in recessione segnando un possibile arco temporale di stagflazione: in questo caso, la Fed sarebbe costretta ad intervenire con tempestività effettuando un taglio repentino dei tassi. Se dapprima lo scenario potrebbe sembrare negativo con ripercussioni sugli asset rischiosi, successivamente, a seguito di un pivot rapido della Fed (per esempio taglio dei tassi e politica monetaria che passa da hawkish a dovish), i mercati potrebbero riprendere la loro spinta sostenuti da una Fed più accomodante ed espansiva. L’ultimo scenario, il peggiore, è il no landing (con aumento dell’inflazione). In questo caso, l’economia rimane inizialmente stabile, ma fattori endogeni (mercato del lavoro ancora teso, per esempio) e fattori esogeni (apertura dell’economia cinese, per esempio) porterebbero a spinte inflazionistiche più elevate tali da costringere la Fed ad alzare i tassi di interesse ancora più in alto da provocare una recessione in grado di ridurre con decisione l’inflazione e raffreddare l’economia. Gli utili e le valutazioni ne risentirebbero, registrando una significativa diminuzione con conseguenze negative sui mercati azionari.

Sotto la nostra lente d’attenzione restano dunque le prossime pubblicazioni dei dati economici che guideranno le scelte più o meno aggressive delle banche centrali che, a loro volta, imprimeranno una direzione ai mercati finanziari.

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