Altro punto negativo è stato l’approccio della Bce che non è piaciuto ai mercati, in quanto a Borse aperte uscire con la richiesta di indicare alle banche dell’Eurozona l’esposizione verso Credit Suisse, ha alimentato ulteriromente la speculazione.
Nel giro di poche ore, nella stessa giornata, abbiamo quindi assistito prima alla dichiarazione dell’ad della banca elvetica di non considerare l’opzione di supporto dalla Banca Nazionale Svizzera, per arrivare poi alla notizia che Credit Suisse ha comunicato che eserciterà l’opzione per prendere a prestito fino a 54 mld di dollari dalla Bns a sostegno della liquidità e della fiducia degli investitori. L’annuncio ha contribuito ad arginare le pesanti perdite sui mercati asiatici, in scambi che restano molto nervosi a segnale della preoccupazione degli investitori per l’incertezza del momento.
In questo contesto sono state messe a dura prova le certezze del mercato, pressoché granitiche fino a pochi giorni fa, in vista della riunione Bce. La sicurezza di un rialzo dei tassi da 50 punti base, come indicato esplicitamente al meeting di febbraio, ha lasciato il posto a scommesse che davano come più probabile, visto il contesto, un più cauto aumento da 25 punti. Ma come avvenne già ai tempi di Trichet, la Bce ha evidenziato ancora la sua rigidità ad adattarsi al momento e nonostante le materie prime siano in calo, lo spettro dell’inflazione rimane sempre al primo posto ed ha confermato la decisione di procedere ad un rialzo dello 0,5%, creando ulteriore volatilità sui mercati.
In questa situazione, l’attenzione degli investitori si è concentrata quindi sulle parole della Lagarde sulla salute del sistema bancario Europeo e sulle nuove stime relative alla crescita ed all’inflazione. In particolare, verranno monitorate le stime per i prezzi nel 2025 e l’entità dei successivi rialzi dei tassi. In ogni caso ha rigidamente confermato che non esistevano alternative al momento, rispetto a quanto già stabilito.
Alla luce di quanto accaduto sui mercati americani diventa di difficile previsione anche la prossima mossa della Fed in occasione del meeting del 22 marzo.
Con questo clima di grande volatilità, il rendimento dei titoli governativi è sceso notevolmente per l’alto numero di liquidità che si è trasferita per la legge del “fly to quality”, ossia da asset più speculativi a titoli considerati “saved” nel gergo borsistico. Pertanto il nostro Btp decennale si è riportato verso il 4% mentre il Treasury americano è tornato sulla curva decennale al 3,45% e la sterlina al 3,35%.
Forte recupero quindi per tutta l’Eurozona, con Italia, Cipro e Grecia ancora sopra il 4%, mentre tornano sotto il 3% anche l’Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Irlanda ed Olanda, oltre alla Germania che venerdi scorso era l’unica sotto il 3%. Per la media titoli dell’EU scendiamo al 2,98% contro il 3,5% della scorsa settimana.
Le nuove emissioni governative sotto la lente
In questo contesto di mercato emettere nuova carta diventa quasi impossibile, se non per le aste governative calendarizzate. In questi giorni Francia e Spagna si sono riaffacciate sul primario, con i regolari collocamenti a medio-lungo, la Francia, che ha messo a disposizione fino a 12 miliardi in tre Oat con scadenza 2026, 2028 e 2030, oltre ad altrettanti titoli indicizzati, mentre la Spagna è uscita con un’offerta massima di 6,5 miliardi in Bonos con scadenza 2028, 2033 e 2052.
Sul Btp, terminato il successo del Btp Italia, si è tornati ai normali collocamenti con sistema d’asta, in calendario vi erano incrementi per tre miliardi sul Btp 3,85% 2029, due miliardi sul 4% 2035; 3,5 miliardi sul 4,4% 2033 e 750 milioni sul Btp 50 anni marzo 2072 con cedola del 2,15% al prezzo di 58.15% che esprime un rendimento a scadenza del 4,2%. Nuovo Btp emesso per 5,2 miliardi il 15 aprile 2026 con cedola del 3,8% al prezzo di 100.36 con Isin IT0005538597.
I nuovi bond coporate sotto i riflettori
Assolutamente troppo difficile anche per i corporate emettere in queste condizioni di mercato, con la volatilità che condiziona gli scambi, si poteva rischiare di uscire nel momento sbagliato e vedere la propria emissione perdere subito terreno.
Dalla banca tedesca controllata dallo stato per il supporto alle imprese, Kfw vi è stato l’incremento di un miliardo di euro sul titolo già in circolazione DE000A30VUG3 che ha scadenza nel 2025 con cedola del 2,5% e taglio da mille euro con multipli di mille.
Quindi pochissima carta a disposizione, tra queste la banca tedesca DZ ha collocato tre senior preferred a breve scadenza, il primo per 1,25 miliardi con cedola del 2% scadenza aprile 2024, isin DE000DW6C3P6; un miliardo di euro con scadenza 2025 al 2,4% di cedola, Isin DE000DW6C3Q4 e 500 milioni al 2,6% con scadenza 2026 Isin DE000DW6C3R2. Tutti questi titoli sono indirizzati al retail con taglio minimo da mille uero con multipl di mille.
Emissione da 300 milioni per la rete italiana del Credit Agricole con cedola del 3,25% e scadenza nel 2025, Isin IT0005536807 e taglio da mille euro con multipli di mille.
Alla fine della scorsa settimana Banca Intesa era uscita con 1,5 miliardi di senior unsecured con scadenza nel 2026 e cedola del 4,21%. Isin IT0005536419 e taglio minimo da 100mila euro con multipli di mille.
Completamente fermo il mercato primario americano già investito durante il week end dal crack della Silicon Valley Bank.
A cura di Carlo Aloisio, senior broker