Qualche dato. I crediti deteriorati (NPL) netti sono scesi a meno di 3% del portafoglio prestiti (in calo rispetto ad oltre il 7% del 2015) mentre il coefficiente medio di Common Equity Tier 1 (CET1) è aumentato di oltre 2 punti percentuali (e ora si avvicina alla capitalizzazione dei peer statunitensi). Anche la liquidità è migliorata, con il Liquidity Coverage Ratio (LCR) che passa dal 125% del 2015 al 150% nel 2022, ben al di sopra del livello regolamentare minimo del 100%.
Le principali banche USA sono però in media ancora più redditizie, con un ritorno sul capitale proprio (ROE) più elevato di circa 3 punti percentuali. E questo si vede anche nei prezzi di mercato, dove il rapporto prezzo-mezzi propri (P/BV) è stato costantemente più elevato negli USA rispetto alle banche Europee.
Che cosa significa tutto questo per i mercati finanziari?
Come sempre accade, i mercati si sono mossi velocemente ridimensionando i prezzi di fronte ad un aumento del rischio e prezzando uno scenario che considera l’inflazione vischiosa nel breve termine man mano che le pressioni continuano ad aumentare. Nessuno prevede al momento una crisi finanziaria, ma è probabile che l’incertezza e la volatilità continueranno a guidare il mercato almeno nel breve periodo.
Il terremoto della SVB ha portato ad un completo riprezzamento del percorso della FED atteso per il 2023: i mercati ora si aspettano che i Fed funds rimangano sostanzialmente invariati nel 2023 (solo una settimana fa l’aspettativa indicava + 100 bp). Nell’Eurozona, i limitati effetti di ricaduta hanno portato i mercati a scontare ora +50pb dai +125pb di rialzo dei tassi previsto una settimana fa.
Come era prevedibile, i movimenti del mercato hanno portato a un rialzo generalizzato dei rendimenti nella parte breve della curva e a un ribasso nella parte a lunga, scontando una minore crescita e minori aspettative di inflazione. Allo stesso tempo, le aspettative sui tassi ufficiali a breve termine sono ulteriormente diminuite.
Negli USA i mercati stanno ora scontando un pivot politico più aggressivo (ad es. la pendenza 10 anni-2 anni è aumentata da -110 punti base a -60 punti base, una mossa che tende ad essere associata a un imminente contesto recessivo).
Parallelamente, la curva dell’Eurozona si è spostata verso il basso, suggerendo minori pressioni recessive. Utilizzando la stessa metrica, notiamo come la pendenza della curva tedesca è passata da -70bps a -50bps, segnalando la stessa traiettoria ma con molta meno intensità rispetto agli USA.
A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim