Mercati: ferve ancora il dibattito tra soft e hard landing

Landing o no landing, questo è l’amletico problema attuale. Si è discusso per mesi se l’economia Usa si stesse dirigendo verso una recessione. I rapidi movimenti nei mercati dopo i fallimenti bancari regionali sembra che abbiano fatto propendere gran parte degli analisti verso una recessione. E i mercati lo hanno fatto capire piuttosto chiaramente: crollo dei rendimenti obbligazionari, forte calo dei prezzi del petrolio e delle azioni e aumento della volatilità, sono infatti tutti segnali che di solito preludono ad una recessione.

Del resto, è facile intuire che l’inasprimento delle condizioni finanziarie a seguito della crisi di alcune banche in un’economia come quella Usa il cui PIL è determinato per oltre il 60% da consumi e investimenti a debito, porterà inevitabilmente a una contrazione della crescita economica. Secondo JP Morgan, una stima molto approssimativa è che una crescita più lenta dei prestiti da parte delle banche di medie dimensioni potrebbe sottrarre da mezzo a un punto percentuale circa al PIL nel prossimo anno o due. Se così sarà, e se la politica monetaria continuerà ad essere restrittiva, entro la fine dell’anno gli USA entreranno in recessione.

Del resto, il reddito reale continua a diminuire, i tassi di interesse stanno salendo e il presidente della FED afferma che le turbolenze nel settore finanziario indurranno le banche a inasprire i loro standard di prestito rendendo ancora più difficile ottenere prestiti. La flessione del reddito reale pesa sulla fiducia delle famiglie che fanno sempre più fatica a coprire l’aumento dei costi di cibo, alloggio e altre spese.

Secondo l’annuale Modern Wealth Survey di Charles Schwab, gli americani affermano che avrebbero bisogno di un patrimonio netto medio di 774.000 dollari per sentirsi finanziariamente a proprio agio e più di due milioni per sentirsi ricchi. Il punto è che non conta tanto quanti dollari hai, ma quello che puoi comprare. Qualsiasi ammontare di denaro che guadagni meno del tasso di inflazione perde potere d’acquisto nel tempo. L’indice del sentimento dei consumatori dell’Università del Michigan, attentamente monitorato dalla FED, è recentemente sceso per la prima volta da mesi, così come l’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board è in calo.

Sono sempre meno i consumatori che stanno pianificando di acquistare una casa o un’auto o di spendere soldi per altri articoli di grandi dimensioni come un grande elettrodomestico o una vacanza. Il calo della spesa, abbinato all’aumento dei tassi di interesse, potrebbe contribuire a spingere l’economia in una recessione nel breve termine.

I mercati azionari

Solitamente i minimi di un mercato ribassista vengono testati nuovamente per garantire che il minimo sia veramente stato raggiunto. Il crescente rischio di recessione è ora amplificato dalla maggiore probabilità che le banche limitino i loro prestiti. Di conseguenza, la domanda da farsi è se il minimo del 12 ottobre reggerà. In caso contrario, è probabile che si vedrà l’S&P 500 raggiungere i 3.200 punti come un altro probabile obiettivo.

I Titoli del debito

Il rendimento del Tesoro a 2 anni è passato in pochi minuti dal 3,93% al 3,72% (ben lontano dal 4,22% di picco delle ultime settimane). E proprio la scadenza a 2 anni riteniamo che rifletta più da vicino le opinioni degli investitori su dove sta andando la politica monetaria della FED.

Gran parte degli analisti sostiene che l’economia reale verrà toccata dalla crisi delle banche.

Ma quali sono i segnali indicatori che le turbolenze finanziarie stanno colpendo l’economia reale?

Questa è la domanda. Meno prestiti e standard di prestito più severi rendono più difficile per le persone acquistare auto e case e più difficile per le imprese espandersi e investire. Le elevate preoccupazioni per il sistema bancario e le maggiori probabilità di una recessione rischiano anche di rendere le famiglie più caute riguardo alla spesa e le imprese più diffidenti ad investire. E questo lo vediamo dall’indice Bloomberg relativo alle condizioni finanziarie degli USA, diventate molto più rigide nelle ultime due settimane.

Tra i segnali che riteniamo siano già presenti nel sistema economico USA e che ci fanno affermare che l’economia reale sarà colpita dalle turbolenze finanziarie, riteniamo importanti i seguenti:

  • i prestiti bancari. Ogni venerdì intorno alle 16:15 la FED rilascia una serie di informazioni su attività e passività delle banche commerciali della nazione (il rapporto H.8). Sono incluse tutte le statistiche sui prestiti al consumo, immobiliari e commerciali, nonché suddivise in categorie più ampie in base alle dimensioni della banca.  Il rapporto di venerdì scorso evidenzia come già a febbraio fosse in atto una decisa contrazione dei prestiti delle banche;
  • Il sondaggio trimestrale Senior Loan Officer Opinion Survey on Bank Lending Practices, condotto su un massimo di 80 grandi banche nazionali e 24 filiali statunitensi di banche estere che offre anche informazioni sugli standard di prestito, nonché sulla domanda e sui prestiti alle imprese e alle famiglie. Il prossimo rapporto sarà pubblicato ad aprile. Vedremo se le indicazioni di un inasprimento degli standard di prestito bancario avranno cominciato a manifestarsi o meno;
  • La fiducia dei consumatori. La fiducia dei consumatori è volubile e fragile e, sebbene certamente non perfetta, a volte può aiutare a segnalare cambiamenti nella spesa personale. I primi dati preliminari indicano che lo sconvolgimento nel settore bancario sta avendo un impatto significativo. Secondo Penta e CivicScience la fiducia nell’economia statunitense è diminuita nelle due settimane, dal massimo di giugno.

Tornando alla domanda iniziale, probabilmente la crisi delle banche regionali porterà l’economia USA tra un qualcosa che sta tra il soft e l’hard landing.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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