Mercati: Italia nel mirino di Moody’s (ma solo di Moody’s)

L’Italia finisce nel mirino di Moody’s, una delle più note agenzie di rating al mondo. Secondo Moody’s, il debito del nostro Paese è l’unico in Europa a rischio spazzatura e per questo motivo potrebbe perdere il rating investment grade. Il giudizio del credito sull’Italia è previsto per il 19 maggio. Intanto viene valutato Baa3, una tacca sopra spazzatura. Le prospettive sono comunque negative da agosto con una valutazione notevolmente pessimistica del paese e della coalizione guidata dal premier Meloni, insediatasi quasi sei mesi fa.

Gli analisti di Moody’s hanno scritto che l’Italia deve affrontare rischi accresciuti in merito all’attuazione di riforme cruciali volte a rinvigorire il suo potenziale di crescita, citando misure tra cui quelle legate alla ricezione di fondi dell’Unione europea per la ripresa. La domanda da farsi crediamo sia se il debito pubblico è sostenibile o meno.

A pensar male si fa peccato, ma non si sbaglia, diceva qualcuno. Non vogliamo entrare nel giudizio di Moody’s. Ci limitiamo solo a fare alcune considerazioni, lasciando al lettore il giudizio e i commenti. La prima, il maggiore azionista di Moody’s con il 13,4%, risulta la Berkshire Hathaway, poi Vanguard con il 7,1%, cui seguono una società di gestione di hedge fund con il 4,49% e BlackRock con il 4,45%. La seconda: nel 2021 l’ESMA ha multato cinque divisioni del gruppo Moody’s (Italia, Francia, Germania, Spagna e UK) per un ammontare complessivo di 3,7 mln di euro per violazione del regolamento europeo sulle agenzie di rating in relazione all’indipendenza e alla prevenzione dei conflitti di interesse degli azionisti.

Al contrario, S&P Global Ratings proprio la scorsa settimana ha riaffermato la propria visione dell’Italia a un livello superiore di un livello – BBB con outlook stabile. Fitch Ratings ha una visione simile e pubblicherà la sua prossima valutazione sul paese il 12 maggio.

Ci aveva già provato il 3 gennaio il FT (vi ricordate?), riportando i risultati di un’intervista ad alcuni economisti relativamente alla sostenibilità del debito Italiano alla luce dell’ulteriore stretta monetaria che la BCE aveva prospettato lo scorso dicembre.

A dare il via alla revisione del rischio Italia aveva contribuito, poco prima di Natale, il nuovo programma di emissioni del Tesoro che aveva portato da 278 a circa 320 miliardi di euro la quantità di bond che il Mef emetterà nel corso del 2023. Ovvio che la palla al piede del debito, pari a 2.700 miliardi di euro, sia pesante ed è inevitabile che la politica monetaria restrittiva della BCE andrà ad influenzarne il costo.

Non è nemmeno una novità che l’Italia già prima della pandemia fosse l’anello debole dell’Europa. E probabilmente continuerà ad esserlo ancora per un po’ di tempo. Ci sono però almeno tre risultati importanti che sono stati raggiunti negli ultimi anni e che non possono essere sottovalutati.

Il primo, riguarda il lavoro dei Governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni che non hanno mai perso di vista l’obiettivo di allungare la vita media del debito e ridurne il suo costo, tanto che a fine dicembre la sua vita media risultava di 7,04 anni con un costo medio dell’1,32% (fonte MEF). Il costo marginale in aumento non è atteso modificare significativamente quello totale, nè tantomeno la maggiore offerta di titoli a breve è attesa modificare significativamente la duration.

Il secondo risultato è che grazie all’Europa, esiste uno scudo anti spread pronto ad agire se la politica monetaria dovesse allargare gli spread tra i diversi paesi europei.

Il terzo, è che è operativo un ingente piano di investimenti Europei per circa 750 miliardi di euro (NGeu) che ha destinato all’Italia oltre 190 miliardi di euro (PNRR) che saranno investiti nei prossimi due/tre anni e che sono attesi portare il rapporto debito/PIL a livelli compatibili con una crescita economica di lungo periodo basata più sulla produttività che sul debito. Per chi ancora non l’avesse capito, è il new deal Italiano.

Per tutti questi motivi non siamo preoccupati più di tanto sulla sostenibilità del debito pubblico Italiano. Siamo comunque vigili. Il che significa monitorare il lavoro del Governo sia sul numeratore (il debito appunto) che sul denominatore (il PIL) e liberare così importanti risorse per consentire una crescita della ricchezza del Paese.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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