Mercati, materie prime in contrazione. Ecco le ragioni

Peggiora il quadro in Borsa delle materie prime: quella appena trascorsa è stata la quarta settimana consecutiva in calo per il Bloomberg Commodity Index, la serie negativa più lunga dal settembre del 2022.

L’andamento del Bloomberg Commodity Index

A pesare con decisione sulle prospettive del comparto è la Cina, che continua a snocciolare dati eocnomici deludenti, l’ultimo dei quali è stato quello relativo ai prestiti bancari che a quota 104 mld di dollari relativamente ad aprile si posiziona a meno di metà delle aspettative degli analisti e a un quinto di quanto erogato a marzo.

Il petrolio ha poi mancato in questo scenario di capitalizzare l’annuncio americano di un imminente intervento (già a giugno) per rimpinguare le scorte strategiche, e complice anche la ripresa delle esportazioni irachene dal terminale di Cheyan (che consente il passaggio di 450mila barili al giorno) torna nel Wti sul limitare del supporto posto a 70 dollari barile entrando poi in una situazione di contango per quanto concerne il differenziale tra le scadenze più vicine, situazione che non si registrava da almeno tre settimane a questa parte.

Anche per i metalli industriali non ferrosi il quadrè è poco confertante con il rame che registra i minimi da inizio anno con una rapida escursione in area 8.150 dollari per tonnellata (minimi dal 29 novembre scorso) e l’alluminio che insensibile alla pur significativa recente cancellazione di materiale all’LME (ben 132.700 tonnellate su 569.000 complessive il che lascia come materiale disponibile alla consegna poco più di 370.000, quantitativo decisamente esiguo per questo mercato) riportandosi a ridosso dei 2.200 dollari per tonnellate.

Se l’appetito cinese per i metalli industriali decisamente sopito, non per questo Pechino rinuncia alla propsettiva di incrementare capacità con ben 3,4 milioni di tonnellate di nuova capacità di raffinazione su rame attesa per l’anno in corso in un Paese che già domina la produzione con oltre metà dei catodi mondiali (10,39 milioni di tonnellate nel 2022).

Manca tuttavia un riscontro sul fronte minerario del rame con previsioni di incremento al meglio modeste nel periodo 2023-2026, circa 3,165 milioni di tonnellate di concentrati nel triennio considerato, con i progressi nel qinquennio successivo ancor più esigui (circa +1,3% annuo).

E’ quindi altamente probabile che la battaglia sul rame si traslerà dal prezzo dei catodi a quello sui concentrati, e ad ogni modo questa capacità produttiva addizionale rappresenta indubbiamente un altro elemento di debolezza per il mercato del rame dato che la Cina in qualità di più grande consumatore mondiale (rappresenta circa il 40% delle importazionio globali di metallo rosso secondo l’ICSG) potrebbe progressivamente diminuire il suo supporto ai prezzi internazionali. E solo nel primo trimestre del 2023 le importazioni di rame raffinato hanno registrato una flessione del 11,4% su base annua (803.854 tonnellate).

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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