Tassi: se la Fed si ferma, ecco perchè la Bce non può più aumentarli

I tassi d’interesse negli Stati Uniti influenzano in maniera significativa i mercati europei. Negli ultimi mesi ci sono stati svariati discorsi sulla de-dollarizzazione, voluta da Paesi come Cina, Arabia Saudita e Russia per diminuire il potere degli Stati Uniti, e sulla de-globalizzazione, causata dagli shock alle catene di approvvigionamento e dalle tensioni geopolitiche. Ad ogni modo, il livello di commercio tra gli Stati Uniti e il resto del mondo non è mai stato così elevato. Inoltre, il commercio di beni tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti è aumentato dell’8% su base annua. Questi elementi rafforzano l’influenza dell’economia americana sugli altri Paesi.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Giacomo Calef, Country manager di NS Partners.

Nel 2022, quando l’inflazione ha raggiunto livelli alti, la Federal Reserve ha subito alzato i tassi d’interesse aggressivamente, mentre la BCE li ha mantenuti invariati. La divergenza nelle politiche monetarie dei due Paesi non è durata a lungo, dato che l’euro ha iniziato a perdere valore, costringendo la banca centrale ad aumentare i tassi per evitare i prezzi alti delle importazioni denominate in dollari.

Ad oggi, ci troviamo davanti al problema opposto. I membri del comitato esecutivo della Federal Reserve hanno fatto intendere che potrebbero mettere in pausa il rialzo dei tassi a giugno, dopo i continui timori di recessione.

D’altra parte, la BCE ha ribadito in svariate occasioni che continuerà ad alzare i tassi per combattere l’inflazione. Infatti Christine Lagarde, la Presidente della BCE, ha annunciato che non ci sono indicatori macroeconomici che confermino che l’inflazione core, ovvero quella che esclude i prezzi di alimenti ed energia, abbia raggiunto il suo picco. Sia nell’eurozona che negli Stati Uniti, l’inflazione è ancora lontana dai target, soprattutto a causa del mercato del lavoro e dei prezzi nel settore dei servizi. I mercati si aspettano un rialzo di 25 punti base da parte della BCE nell’incontro del 15 giugno, e nessun rialzo da parte della Fed nell’incontro del 13.

Alzando ulteriormente i tassi, la BCE potrebbe peggiorare la recessione tecnica dell’Eurozona. Inoltre, uno stop della politica monetaria restrittiva negli Stati Uniti potrebbe rendere difficile un rialzo per la BCE, dato che darebbe un vantaggio significativo alle aziende americane rispetto a quelle europee. Infatti, la divergenza delle politiche monetarie potrebbe causare un deprezzamento del dollaro relativo all’euro, rendendo le importazioni dall’Unione Europea più costose per gli Stati Uniti.

C’è anche la possibilità che gli Stati Uniti entrino in recessione dati i rialzi precedenti, il che ridurrebbe ulteriormente le esportazioni europee. Entrambe le situazioni richiederebbero meno sforzi da parte della BCE per frenare l’inflazione, ma causerebbero più riluttanza ad alzare i tassi per evitare di rallentare troppo l’economia.

Nonostante l’incertezza delle politiche monetarie future, è chiaro che le decisioni della BCE dipendano sia dall’economia europea che da quella americana.

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