Mercati, cala l’inflazione Usa. Ecco cosa attendersi dalla Fed

In positiva flessione e sotto le attese è risultata l’inflazione Usa di maggio (4% contro 4,1% atteso e 4,9% di aprile). Uno scenario che facilita la visione della Fed di “wait and see” (i mercati stanno attualmente scontando una probabilità del 95,3% che la FED oggi si fermi).

I prezzi al consumo a maggio sono aumentati al ritmo annuale più lento da marzo 2021. Su base mensile, i prezzi sono aumentati dello 0,1%. Gli economisti si aspettavano che i prezzi sarebbero aumentati dello 0,2%. È l’undicesimo mese consecutivo che l’inflazione rallenta, ed è una gradita tregua dal doloroso shock di un’inflazione persistentemente elevata subita negli ultimi due anni. L’anno scorso l’inflazione era pari all’8,6%.

Escludendo le componenti più volatili di cibo ed energia, l’inflazione core è cresciuta del 5,3%, leggermente in calo rispetto alla lettura annuale di aprile. Su base mensile, l’indice core è però salito dello 0,4%. Ed è proprio questo il dato che teme la Fed: un’inflazione core più elevata rispetto a quella generale.

La minore dinamica della crescita dei prezzi è dovuta a un calo dei prezzi dell’energia e un rallentamento degli aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari, che continuano tuttavia a crescere (su base annuale i generi alimentari sono cresciuti del 4,5%, mentre il cibo fuori casa del 5,8%). Pur in calo, rispetto al picco del 9,1% toccato lo scorso anno, l’inflazione rimane ancora il doppio rispetto all’obiettivo del 2%. La direzione è tuttavia quella corretta e riteniamo che la Fed sia pronta a prendersi una pausa dall’aumento dei tassi di interesse. Non dimentichiamo comunque che la Fed ha alzato i tassi per dieci riunioni consecutive con aumenti complessivi di 500 punti base, ritmo più alto e più veloce degli ultimi decenni.

Il rapporto sull’inflazione è arrivato mentre i funzionari della Fed si siedono per il primo giorno della loro riunione di politica monetaria e è uno degli ultimi importanti dati economici da digerire prima di annunciare oggi la loro decisione sui tassi. Il rapporto sull’inflazione di ieri ha fornito anche un accenno di progresso su un indice che ha suscitato particolare interesse per la Fed: l’indice dei servizi che, escluse le abitazioni, è diminuito dello 0,2% su base mensile ed è sceso al 4,2% su base annua. L’inflazione all’interno di quella categoria è stata una continua fonte di preoccupazione per la Fed, perché ha un maggiore potenziale per essere “appiccicosa”. E questo perché il costo del lavoro è più pesante nelle imprese di servizi rispetto alle merci. Il mercato del lavoro teso e gli aumenti salariali hanno un potenziale maggiore nel mantenere elevata l’inflazione. Almeno in teoria.

L’aumento dell’occupazione nel settore del tempo libero e dell’ospitalità è risultato in rallentamento quest’anno e l’occupazione complessiva in questo insieme di settori rimane ben al di sotto dei livelli pre-pandemici. Quindi, le pressioni sulla crescita dei salari rimangono a causa della mancanza di offerta di lavoro e gli aumenti dei prezzi del cibo fuori casa saranno probabilmente inesorabili poiché la spesa estiva spingerà la spesa dei consumatori in attività ricreative.

Numerosi studi hanno tuttavia dimostrato che non ci sono prove che la crescita dei salari guidi l’inflazione. Nonostante questo, esprimiamo comunque una certa preoccupazione per come un mercato del lavoro forte e una spesa dei consumatori resiliente potrebbero determinare pressioni sull’inflazione dal lato della domanda.

Siamo convinti che la possibile incapacità dell’inflazione di raggiungere l’obiettivo medio annuo del 2% fissato dalla Fed a causa della persistente domanda dei consumatori possa fornire una copertura per mantenere alti i tassi di interesse, il che a sua volta consumerà l’attività economica e aumenterà i costi per le famiglie man mano che accumulano più debito ad alto interesse a sostegno delle loro abitudini di spesa. Queste forze alla fine si uniranno per imporre un rallentamento dei consumi, che è il prerequisito per qualsiasi recessione negli Stati Uniti.

Nonostante la resilienza dell’economia non siamo quindi del tutto sicuri che l’economia USA non possa scivolare verso una recessione nella seconda parte dell’anno. Valuteremo oggi quello che dice e quello che non dice Powell circa le prospettive economiche.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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