Greenwood (Invesco): “In Eurozona diminuisce il rischio deflazione, PIL all’1,5%”

“La crescita reale del Pil nella zona euro è rimasta anemica nel 2015, rallentando dallo 0,5% del primo trimestre, fino allo 0,3% del terzo. Tuttavia, i rischi di deflazione sono diminuiti grazie al deprezzamento dell’euro dopo i primi tre mesi del 2015 e all’adozione di politiche di Quantitative easing (QE) della Bce a partire da marzo. Prevediamo, pertanto, una crescita dell’1,5% per la zona euro nel 2016”. E’ questa l’opinione di John Greenwood Capo economista di Invesco, nell’outlook macroeconomico 2016.
L’attività economica dell’Eurozona ha probabilmente registrato un certo miglioramento nell’ultimo trimestre 2015, come suggerito dall’incremento dell’indice degli acquisti Pmi, da 53,9 in ottobre a 54,2 di novembre, mentre nelle principali economie della zona euro, tale indice è stato 55,2 in Germania, 54,3 in Italia e 56,2 in Spagna. Solo la Francia è significativamente più debole a 51,0. “Tuttavia, il mercato del lavoro in Europa continua a progredire lentamente, con una diminuzione della disoccupazione dal 12,1% del giugno 2013 al 10,8% del mese di settembre 2015, in contrasto nettamente con il forte calo visto negli Stati Uniti e nel Regno Unito nel corso degli ultimi cinque anni”, spiega l’economista di Invesco.
Il deprezzamento di metà marzo dell’euro rispetto al dollaro da 1,25 a 1,05, per poi oscillare nel range 1,15-1,05 per il resto dell’anno, avrebbe dovuto portare un maggior contributo alla crescita dell’Eurozona. Le esportazioni dall’area euro, invece, sono salite soltanto a partire da metà 2015, sebbene a settembre il tasso di crescita fosse ancora solo del 6,3% su base annua: la spiegazione è data dall’assenza di crescita di volumi dall’estero. “Le sole variazioni di prezzo possono fare ben poco per accrescere domanda dall’Europa, di conseguenza le esportazioni, in linea con la performance stagnante del commercio globale negli ultimi anni, si sono trovate in una fase essenzialmente statica tra il 2012 e la metà del 2015”. Al contempo, le partite correnti sono salite a un surplus del 2,9% del Pil, principalmente a causa della debolezza delle importazioni.
In aggiunta a questi problemi ciclici, il risanamento dei bilanci della zona euro si sta rivelando lenta, anche se non sorprende, data l’austerità fiscale imposta dalle autorità. Solo in Spagna, Irlanda e in uno o due settori in altri Paesi, come quelli finanziari tedeschi e italiani, il rapporto debito-Pil è l’indebitamento è diminuito.
Infine, nonostante le misure adottate dalla Bce, l’Eurozona resta ancora pericolosamente vicino alla deflazione: il tasso di crescita degli investimenti e del credito nell’area euro è migliorato, ma devono passare almeno due anni prima che tutti gli effetti di una crescita più rapida degli investimenti si ripercuotano sull’inflazione, ci vorrà ancora un anno prima di poter assicurare tassi di inflazione positivi. Intanto, la debolezza dei prezzi delle materie prime sta avendo un effetto un temporaneo effetto ribassista sull’andamento dell’inflazione. “Prevediamo che il tasso di inflazione della zona euro nel suo complesso sarà dell’1,0% nel 2016, ancora ben al di sotto dell’obiettivo”, conclude Greenwood.

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