Fondi Pir: le previsioni di Intermonte

Nella sua revisione trimestrale del 7 settembre 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del secondo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 610 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 0,7 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,5 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi.

Secondo l’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, i dati sui deflussi in luglio, agosto e settembre sono rimasti poco incoraggianti, pari rispettivamente a -169,4 milioni di euro, -87,5 milioni di euro e -163,4 milioni di euro, portando i deflussi del terzo trimestre 2023 a un totale di 420,3 milioni di euro.

Le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail).

Le stime di Intermonte sui PIR ordinari

I dati di Assogestioni relativi al 1° semestre del 2023 mostrano 1425,4 milioni di euro di deflussi e i dati preliminari di mercato relativi al terzo trimestre (-420,3 milioni di euro) confermano questo trend negativo. Le stime di Intermonte per l’anno in corso, dopo una serie di revisioni al ribasso, al momento prevedono deflussi pari a 1,9 miliardi di euro, presupponendo un miglioramento dei numeri nel quarto trimestre 2023, nonostante la visibilità rimanga bassa.

Se si guarda alle ragioni dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei cinque anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

Secondo la stampa, il Governo italiano sta studiando un emendamento per consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterebbe alcun costo aggiuntivo per il Governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all’anno per persona (o 200.000 euro in cinque anni) rimarrebbe invariato. Intermonte accogle con grande favore questa iniziativa, che, se approvata, ritiene possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

Nel lungo termine, Intermonte si aspetta che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le principali ipotesi alla base delle attuali stime di Intermonte sono le seguenti:

  • Per il 2023, si ipotizzia una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 120 milioni di euro.
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, si prevede che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) si prevede una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno.
  • Infine, è stato calcolato che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo sarà pari a circa il 16% degli Assets under Management nel 2023.

 

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