Le asset class preferite dal head of multi-asset solutions Emea & Latam della casa di gestione americana
“Nella costruzione di un portafoglio, non è il momento di fare gli eroi e prendere troppo rischio. Nel lungo termine l’azionario premia sempre però adesso è meglio essere cauti e diversificare. C’è troppa incertezza e troppo squilibrio nel mondo”. Questo, in sintesi, è il messaggio che T. Rowe Price, società di gestione indipendente statunitense quotata sul Nasdaq con 1.350 miliardi di dollari di masse in gestione, affida a Yoram Lustig (nella foto), head of multi-asset solutions Emea & Latam. “Siamo in una fase complessa e di grandi cambiamenti e siamo appena usciti da un lungo regime di tassi bassi e bassa inflazione, durato quasi 15 anni. Sui nostri portafogli multi-asset, quindi, preferiamo usare cautela, in attesa di entrare in una fase consolidata di de-risking”, chiarisce il gestore.
Spiega Lustig: “I mercati sono stati troppo ottimisti. Con un altro trimestre negativo in Europa, la recessione sarà conclamata e anche negli Usa il rallentamento è un rischio molto concreto, sebbene non sia ancora chiaro se sarà hard o soft landing”. Gli effetti distorsivi derivanti da 15 anni di quantitative easing e dalla pandemia rendono insomma difficile fare previsioni. Ma gli Stati Uniti vanno meglio dell’Europa. Se è vero, infatti, che si è sempre parlato di recessione a seguito dell’inversione della curva dei rendimenti, come quella statunitense, e al termine di un ciclo di rialzi del costo del denaro, come quello portato avanti dalla Federal Reserve, l’economia Usa mostra diversi segnali di forza: dal tasso di disoccupazione (al 3,9% a fine ottobre), alla crescita del PIL (4,9% nel terzo trimestre).
In ogni caso, è bene stare all’occhio perché è stretta la relazione fra disoccupazione e recessione. Il mercato del lavoro sarà dunque l’osservato speciale per cogliere qualsiasi segnale di un rallentamento dell’economia più pronunciato negli Stati Uniti.
Inoltre, con l’incognita dell’esito delle elezioni presidenziali americane, il 2024 sarà di nuovo un anno non facile da capire. “Le elezioni per il prossimo presidente degli Stati Uniti rappresentano un’altra fonte di incertezza per lo scenario globale nel 2024”, continua Lustig. “È probabile che questo evento metta sotto pressione alcuni membri della Federal Reserve affinché provino a evitare una recessione nell’anno delle elezioni, anche perché gli Stati Uniti si trovano già alle prese con il downgrade del debito e con un deficit in esplosione”.
L’inflazione rimane un elemento di attenzione.
“L’inflazione continuerà il percorso di avvicinamento ai target di Fed e Bce ma con tempistiche più lunghe rispetto al consensus”. La nostra previsione è quindi per tagli dei tassi delle banche centrali che arriveranno ma solo nel tardo 2024. I mercati continuano a vivere un eccesso di fiducia”. L’inflazione negli Stati Uniti, attualmente intorno al 3,2%, resta infatti su livelli piuttosto elevati. I prezzi al consumo core, cioè depurati delle componenti volatili di energia e alimentari, si sono attenuati negli Stati Uniti, mentre quelli headline sono scesi velocemente perché il prezzo del petrolio è crollato da oltre 95 a circa 80 dollari al barile. Ma la discesa dell’inflazione core non è stata invece altrettanto rapida in Europa, dove i prezzi fanno più fatica a ridimensionarsi per la componente più esuberante dei servizi. “Per questi motivi teniamo sott’occhio i prezzi del petrolio che continuano a influenzare i CPI direttamente e indirettamente, perché rientrano nei costi di produzione e di viaggio, per esempio”, precisa Lustig. “I prezzi dell’energia, più in generale, potrebbero risalire nel caso di un inverno particolarmente freddo o dell’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente”.
Le banche centrali, del resto, hanno una credibilità da difendere e “non possono correre il rischio di dichiarare vinta la battaglia contro l’inflazione e ridurre i tassi di interesse troppo presto. Il mercato potrebbe allora rimanere deluso e l’impatto di tassi più elevati più a lungo potrebbe frenare ulteriormente l’economia. Il tutto in un contesto completamente nuovo, di passaggio dal quantitative easing al quantitative tightening, che potrebbe avere dei risvolti imprevedibili”, aggiunge. Nel confronto fra le due sponde dell’Atlantico T. Rowe Price si aspetta che la Federal Reserve sarà la prima a intervenire sul costo del denaro perché l’inflazione dovrebbe scendere prima qui che altrove: questo potrebbe pesare sul dollaro. Tatticamente, al momento, T. Rowe Price sottopesa il biglietto verde rispetto alle altre valute ed è molto positiva sullo yen.
L’azionario soffre la concorrenza del reddito fisso
In vista del 2024 T. Rowe Price ha ridotto il sovrappeso in liquidità per diventare più positiva sull’azionario e adotta una posizione neutrale su tutte le tre principali asset class, complice il persistere di un’elevata incertezza. La volatilità si è certamente ridotta sui mercati azionari, che, dopo il rally di novembre, sembrano essere forse leggermente troppo ottimisti per il futuro.
Rowe Price ritiene infatti che l’azionario, nel breve termine, soffrirà la concorrenza del reddito fisso, innanzitutto di titoli di stato come i Btp italiani che, al momento, sono molto a sconto e rendono il 4-4,5%. Se le valutazioni si dovessero comprimere, sarebbe invece il momento di aumentare l’esposizione alle borse. Il peggio del reddito fisso è probabilmente alle spalle ed è certamente l’ora di considerare di prendere posizione sui governativi. Ma la correlazione fra equity e bond è importante per il ruolo che giocano nei portafogli. “Il Btp italiano, per esempio, non è l’ideale per diversificare il rischio azionario perché i governativi italiani soffrono come le borse quando c’è un momento di mercato risk-off”, osserva Lustig. “Altri mercati governativi, come quelli di Stati Uniti e Germania, possono avere una correlazione negativa con le Borse in momenti di stress, quando la diversificazione è più importante”
Borse europee meno interessanti, puntare su Tokyo
Più in generale, per l’investitore europeo sarebbe un errore non investire a livello internazionale, sia sull’obbligazionario sia sull’azionario. T. Rowe Price è infatti sottopesata sulle borse europee per diverse ragioni: da un lato, l’economia della zona euro è già in recessione o sul punto di entrarvi e la Bce si trova a dover far fronte ad un potenziale rischio di stagflazione in un’area dove la contemporanea presenza di paesi più deboli e di paesi più forti rende più difficile avere un tasso appropriato per tutti. Dall’altro le valutazioni sono poco attraenti e rendono più appetibili altri mercati come, per esempio, Stati Uniti e Giappone.
Nel paese del Sol Levante T. Rowe Price si aspetta un cambiamento della politica monetaria: questo imprimerà slancio allo yen, ma è improbabile che abbia un impatto negativo nell’immediato sulla Borsa di Tokyo, composta soprattutto da società esportatrici.
A Wall Street le condizioni sono favorevoli per le small cap, trascurate nell’ultimo anno e che oggi presentano valutazioni attraenti, e per lo stile growth con le grandi capitalizzazioni rispetto a quello value. “Non vogliamo andare contro il trend dell’AI e delle magnifiche sette perché ci aspettiamo che continueranno a fare bene l’anno prossimo”, aggiunge Lustig.
Sulla Cina T. Rowe Price non vuole prendere una posizione in sovrappeso perché la crescita dopo la pandemia è stata deludente e permangono problemi nel settore immobiliare. La view non è tuttavia negativa se si allunga l’orizzonte al lungo termine: per questo motivo il posizionamento è attualmente neutrale.
Opportunità nell’high yield globale
L’Europa torna ad essere un’area interessante quando si tratta di investire in credito. T. Rowe Price sovrappesa le emissioni societarie investment grade del Vecchio Continente e punta su quelle ad alto rendimento globali, accanto ai governativi dei mercati emergenti sia in valuta forte che locale.
“Se, come ci aspettiamo, non finiremo in una recessione profonda, i tassi di default non dovrebbero salire in maniera significativa e quindi l’high yield è una asset class che offre rendimenti elevati con un rischio inferiore rispetto a quello dei mercati azionari”, commenta Lustig.
Restando nel fixed income, T. Rowe Price sottopesa leggermente i titoli di stato, ma mantiene nel complesso una duration neutrale rispetto al benchmark, perché si aspetta che i rendimenti resteranno in trading range nei prossimi mesi.