Questa settimana operativa congeda il 2023 sui mercati, un anno che sarà ricordato nella storia economica al pari di altri del nostro secolo che vengono spesso citati, come il 2007/2008 per i subprime e la Lehman e il 2012 per l’attacco all’Euro e il “wathever it takes” di Mario Draghi.
Questo è stato l’anno dell’inflazione e dei tassi d’interesse all’interno di una vera e propria montagna russa che ha fatto numeri e volatilità che normalmente si vedono in un lustro.
La politica delle banche centrali a contrasto dell’inflazione, scatenata dal conflitto russo-ucraino, con le materie prime e l’energia in forte rialzo, ha visto l’uso estremo della leva del rialzo dei tassi d’interesse, e al momento ottenere i primi risultati nell’ultimo mese dell’anno, dove i rendimenti dei titoli stanno anticipando i ribassi attesi per il 2024.
Per i principali titoli governativi, Treasury americani, Gilt UK e gli Eurozona bonds, l’anno si chiude ai minimi di rendimento, dopo aver visto solo un paio di mesi fa i massimi degli ultimi sette/otto anni, ai livelli pre Covid e della politica dei tassi a zero.
Spesso, come nel caso dei Treasury, abbiamo visto l’inversione della curva, con il breve molto più alto del lungo, peraltro ancora oggi il Tresury a due anni rende il 4,375% contro il 3,88% del decennale e il 4,01% del trentennale. Per il benchmark decennale a fine settembre il rendimento era arrivato sopra il 5%. Simile la curva dei Gilt con il due anni che chiude al 4,08% rispetto al 3,54% del decennale ed al 4,07% del 30 anni. E curva scolasticamente perfetta per l’EU che è rimasto abbastanza in linea per tutto l’anno, differenziando correttamente il breve-medio e lungo. Oggi lasciamo il 2023 con il rendimento a due anni al 2,59%, si sale al 2,65% per il decennale e al 3,01% per il terntennale, ossia un esempio perfetto per chi insegna economia dei mercati agli studenti.
All’interno dell’Eurozona vi sono state chiare distinzioni, con la formazione per la maggior parte dell’anno di tre macrogruppi di Paesi, dove pochi erano con i tassi nella fascia che arrivava alla soglia del 2,99%, dove per molti mesi la Germania era rimasta isolata; poi un nutrito gruppo di Paesi nella fascia tra il 3 ed il 4% ed infine un ultimo insieme sopra il 4% che si è via, via infoltito nel corso dell’anno. Nell’ultimo trimestre il processo è stato inverso ed anche l’ultimo paese, l’Italia, rimasta da sola sopra il 4%, ha evidenziato un recupero imprevedibile, con il Btp benchmark decennale oggi al 3,58% ed uno spread contro Bund a quota 160. La Germania ora è tornata “sola” nella fascia sotto il 2%, all’1,97%.
Tra i Paesi maggiormente virtuosi va segnalata la Grecia, che vede oggi il rendimento decennale di poco sopra il 3%.
Tra le matricole dell’Euro, si è comportata molto bene la Croazia, entrata a inizio 2023 e con un anno difficile come quello in corso è riuscita comunque a rimanere a centro gruppo e sempre nella fascia tra il 3 ed il 4%.
Per il 2024 molti analisti stanno focalizzando l’attenzione nell’america latina che dopo tanti anni di crisi, potrebbe offrire nuove opportunità sui mercati emergenti. Per quanto riguarda l’Argentina, è continuata la luna di miele del neo presidente Milei con i mercati dopo aver annunciato una serie di privatizzazioni che tanto ricordano i provvedimenti di rilancio del 1990 attuati dall’allora presidente Menem. Gli annunci hanno riguardato circa 300 provvedimenti legati alle privatizzazioni, tra cui la compagnia aerea Aereolineas Argentinas e successivamente la compagnia petrolifera Ypf. Queste società erano state nazionalizzate dai governi della sinistra peronista di Kirchener e della moglie Cristina Fernandez, aprendo anche contenziosi legali importanti come nel caso della Ypf che aveva come azionista di riferimento la spagnola Repsol. Non sono mancate ovviamente le proteste di piazza dell’opposizione e rivolte o insurrezioni violente, già viste in passato, possono essere il vero ostacolo a queste riforme.
In questa settimana al centro dell’attenzione positiva è stato il Brasile che ha trovato la bella notizia di ricevere l’upgrade di un “notch” da BB- a BB da parte di S&P. Questo rialzo avviene dopo le recenti riforme fiscali che dovrebbero produrre effetti positivi e strutturali nel tempo. Non dobbiamo dimenticare che il Brasile era arrivato al massimo del suo rating con l’investment grade BBB raggiunto nel 2011, prima che gli scandali politici culminati con le dimissioni della presidente Roussef, minassero gli stessi con una serie consecutiva di downgrade.
La terza situazione da monitorare è quella che riguarda il Venezuela, i cui titoli sono ancora in default, ma che da un paio di mesi ha ripreso le quotazioni di secondario grazie ad un ammorbidimento delle relazioni con gli Usa, che contro petrolio e promesse democratiche, hanno allentato le sanzioni. E’ di ieri quindi il responso positivo arrivato dal presidente Biden, relativamente alle operazioni richieste al leader del paese Maduro, in tema delle riforme politiche mirate allo svolgimento di elezioni presidenziali democratiche nel corso del 2024, che sono state onorate da Maduro. Pertanto gli analisti si affrettano a considerare imminente una proposta del paese per uscire dal deafult, negoziando uno swap dei titoli, su cui si prevede un potenziale “haircut” del 50% circa.
I nuovi bond governativi sotto i riflettori…
Il Tesoro greco ha da poco annunciato il programma di emissioni per il 2024 che prevede circa dieci miliardi di GGB da collocare; tra i fattori vincenti nel corso dell’anno è stato anche il ritorno del Paese all’investment grade che ha permesso l’inserimento dei titoli del paese nei fondi che hanno questo requisito per poter comprare titoli di stato.
… e i corporate
Per il mercato primario tutto è rimandato ai primi giorni del nuovo anno, quando i nuovi programmi di Emtn delle corporate saranno resi noti, è prevedibile che vi saranno subito una serie di offerte interessanti per fare funding con tassi che ancora possano invogliare gli investitori dei bonds, che potrebbero poi rallentare ed indirizzarsi verso altri strumenti se le previsioni di ribassi nei tassi troveranno conferma nei dati macroeconomici che via, via usciranno nel corso dell’anno.
A cura di Carlo Aloisio, senior bond broker