“Il mercato azionario giapponese segna nuovi record, ma alcune nuvole grigie all’orizzonte fanno presagire possibili fasi di turbolenza“. L’avvertimento arriva da Massimo De Palma, Head of Multi Asset Team di GAM (Italia) SGR, che di seguito illustra nei particolari la view.
Nei primi mesi dell’anno è proseguito l’intenso movimento rialzista del mercato azionario giapponese, consentendo all’indice di superare il massimo storico del 1989. Sono molteplici i fattori che hanno influito, tra questi la svalutazione dello Yen che ha contribuito ai risultati delle numerose società esportatrici presenti nel listino. Per l’investitore della zona euro invece, il deprezzamento della valuta ha ridotto drasticamente la performance finale. A determinarne la debolezza è stata la politica monetaria ultra-espansiva da parte della Banca del Giappone, utile a sconfiggere la cronica deflazione degli ultimi decenni. I tassi sono stati mantenuti negativi anche quando le altre Banche Centrali hanno iniziato il ciclo di inasprimento più rapido della storia recente. La BOJ ha affermato che prima di ridurre gli stimoli ha bisogno di ulteriori prove, come gli incrementi delle retribuzioni che sostengano i consumi e un’inflazione stabile. I dati di febbraio sembrano andare in quella direzione e la notizia della firma di una serie di aumenti salariali, tra cui quello della Toyota, fa crescere la convinzione che il Paese possa uscire dai tassi negativi già nella riunione della prossima settimana. Secondo i sindacati nei prossimi giorni dovrebbero essere finalizzati altri rinnovi contrattuali. Con l’uscita dalla deflazione le aziende sono state in grado di aumentare i listini in modo adeguato, tale da migliorare i loro risultati finanziari. La loro capacità è stata quella di trasferire l’aumento dei prezzi sui consumatori finali, in alcuni casi riuscendo addirittura ad aumentare i margini.
Adesso una parte della maggiore efficienza aziendale, dovuta anche a radicali processi di ristrutturazione, verrà indirizzata ai necessari adeguamenti salariali. Il timore maggiore del mercato è che la decisione della Banca Centrale possa determinare un forte apprezzamento dello Yen, anche se alcuni membri del Board hanno ribadito che la politica monetaria rimarrà accomodante pur con la fine dai tassi negativi.
L’azionario giapponese riuscirebbe a sopportare una reazione estemporanea della valuta, ma se dovesse verificarsi un’inversione radicale e profonda, allora potrebbero esserci ripercussioni sui corsi.
Yen e Nikkei tendenzialmente vanno in direzione opposta, hanno una correlazione significativamente negativa. Infine, sul tavolo c’è anche l’acquisto di ETF azionari, una delle molteplici strategie intraprese dalla BOJ per sconfiggere la deflazione di questi anni. Attualmente ne detiene per un controvalore circa di 70.000 miliardi di yen (475 miliardi di dollari), diventando il più grande possessore di azioni giapponesi.
La BOJ lo scorso anno ha ridotto gli acquisti, intervenendo solo tre volte e sulla correzione del 2% di pochi giorni fa non ha agito, confermando la riluttanza ad aumentare l’esposizione. La domanda legittima è quando inizierà a ridurre la posizione per eliminare questo elemento di distorsione di mercato e inevitabilmente impattare sui prezzi.