La domanda sorge spontanea dato che i rendimenti dei Treasury – cosiddetti privo di rischio – iniziano a diventare più interessanti rispetto all’equity.
La risposta che riesco a dare è che, per ora, le azioni hanno retto (e continueranno a reggere il colpo) perché l’attenzione è tutta sugli utili, prossimi alla pubblicazione (si inizia venerdì con le banche). Quindi, a meno di sorprese anche lì, le azioni scontano un’altra earning season soddisfacente, che potrebbe portare gli indici a livelli superiori.
Inflazione alta, mercato del lavoro forte e economia resiliente. Non si taglia a giugno? Ok, ma non è un addio. È solo un arrivederci!
Gli Stati Uniti innanzitutto non possono permettersi costi del debito troppo elevati e per troppo tempo. Ad oggi, la stima è di circa 1,3 trilioni di interessi sul debito pubblico, in aumento fino all’1,6 secondo le stime di BofA in caso la Fed non provveda ai tagli di 150 bps entro un anno. Inoltre, la Fed non guarda il CPI, piuttosto l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali PCE che ha mostrato un’inflazione più contenuta. L’indice dei prezzi alla produzione, pubblicato giovedì, darà indicazioni su dove potrebbe arrivare il PCE di marzo quando verrà pubblicato alla fine del mese. Ciononostante, fino a ieri la probabilità di un taglio dei tassi della Fed nella riunione di giugno era maggiore del 50%. Dopo l’uscita del dato, la probabilità si è schiantata al 20% circa, riflettendo l’idea che gli operatori nel mercato dei futures sui fondi federali non si aspet tano più che la Federal Reserve inizi ad abbassare i tassi di interesse a giugno.