Mercati: il punto macroeconomico a cura di AcomeA

A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR.

Dati sul mercato del lavoro negli Usa: il mercato del lavoro negli Stati Uniti è in una fase di raffreddamento, con il contrarsi della differenza tra domanda e offerta di lavoratori. Nel periodo post pandemico la domanda eccedeva di gran lunga l’offerta, portando i lavoratori ad avere un certo potere contrattuale e poter domandare aumenti salariali inflazionistici. Il tasso di disoccupazione è salito recentemente, tuttavia (i) rimane ai minimi storici e (ii) quello che vediamo dai dati è che non sta salendo per minore domanda di lavoratori (le aziende non stanno licenziando i propri dipendenti), ma piuttosto per un aumento dell’offerta di lavoratori, in particolare grazie ai flussi migratori (molti entrano nella forza lavoro, ma come disoccupati, questo spiega anche come mai non stiamo vendendo un aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione). Ormai il mercato è diviso tra coloro che leggono nei dati macro degli Stati Uniti una normalizzazione consistente con uno scenario di soft landing (tra questi c’è anche Powell) e coloro che invece leggono un indebolimento economico presagio di un rallentamento più consistente (hard landing). Probabilmente i prossimi dati ci daranno ulteriore indicazione su quale sia lo scenario più probabile. Oggi l’attenzione sarà sui non farm payroll e sul tasso di disoccupazione. 

 

Banche centrali: la Fed apre le porte per un primo taglio dei tassi di riferimento al prossimo meeting di politica monetaria che sarà a settembre. La Fed sta guadagnando sicurezza sul fatto che il target di inflazione venga raggiunto, i dati di inflazione di maggio e giugno sono stati buoni e sembrano confermare che l’accelerazione di inizio anno sia stata solo passeggera. La Fed tuttavia, vuole vedere qualche altro dato per esserne sicura. Il messaggio della Fed è molto positivo (soprattutto per risky asset) in quanto ci sta dicendo che sono pronti a tagliare i tassiIl rischio inflazionistico è dunque rientrato, in un contesto di crescita economica e mercato del lavoro ancora forti (Powell dice non più surriscaldati, ma di certo non deboli).

Dopo la Bank of Canada la scorsa settimana, questa settimana anche la Bank of England (con 5 voti a favore su 9) ha deciso di tagliare i tassi di riferimento di 25pb.  La normalizzazione arriva in un contesto di miglioramento dell’outlook di inflazione, tuttavia i rischi rimangono al rialzo, soprattutto considerando che le attività economiche e la domanda domestica rimangono abbastanza forti e continuano a stupire al rialzo. La BoE ha optato per un taglio in queste condizioni, ma ha comunque espresso cautela sulle prossime mosse.

In generale, stiamo vedendo che le banche centrali si stanno muovendo verso una strada di normalizzazione dei tassi di riferimento. Rimangono come eccezione alcune banche centrali di Paesi emergenti, dove le questioni domestiche risultano piuttosto idiosincratiche e non permettono di continuare ad abbassare i tassi di riferimento. Questa settimana la Banca Centrale Brasiliana per esempio ha deciso di tenere i tassi di riferimento fermi al 10.5% (il ciclo di tagli era stato iniziato ad agosto lo scorso anno ed interrotto già allo scorso meeting) nonostante tale livello sia superiore al tasso neutrale stimato dalla banca centrale stessa. Recentemente infatti la debolezza del BRL ed i timori fiscali hanno pesato sulle aspettative di inflazione e hanno portato la banca centrale ad essere piuttosto cauta. Inoltre, nel secondo trimestre dell’anno le attività economiche si sono mostrate più forti delle attese.

Tra le banche centrali, la Bank of Japan ha alzato i tassi di riferimento per la seconda volta questo annoHa inoltre annunciato che dimezzerà l’ammontare di QE da qui al primo trimestre del 2026, uscendo con estrema cautela da una politica monetaria estremamente accomodante, dimostrando di non essere ancora pronta a una fase di inasprimento della politica monetaria. Con la normalizzazione del differenziale dei tassi reali lo Yen si è apprezzato, con conseguenze globali, considerando che con il suo recente indebolimento era usato come principale funding currency.

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