Asset allocation e la parabola dell’elefante e i ciechi

Le quattro principali asset class – azioni, titoli di Stato, obbligazioni corporate (credito) e materie primeriflettono diverse ipotesi sulla futura evoluzione della politica monetaria. Il calo dei tassi inciderebbe su ciascuna asset class in modo diverso, ed è dunque fondamentale prevedere correttamente gli esiti futuri, ma quale delle quattro racconta “la storia giusta”? Ecco di seguito la view di Colin Graham, Head of Multi-Asset Strategies di Robeco.

Diversi punti di vista

A nostro giudizio, l’attuale situazione dei mercati richiama alla mente un antico testo buddista, il Tittha Sutta, che racconta la parabola di quattro ciechi a cui viene chiesto di toccare diverse parti di un elefante, un animale a loro sconosciuto. Chi tocca la proboscide dell’elefante, ad esempio, avrebbe una sensazione diversa da quella di chi gli tocca le orecchie.

Ognuno di loro descrive quello che percepisce e non comprende la ‘verità’ di ciò che provano gli altri uomini. Inutile a dirsi, le loro osservazioni non permettono di scoprire la presenza di un elefante, né di capire cosa stanno osservando gli altri. Lo stesso accade oggi nei mercati. Questo fenomeno è visibile nelle due asset class più brillanti di quest’anno, l’oro e le azioni: il primo sconta un rallentamento congiunturale e le seconde prevedono ancora un miglioramento dell’economia.

Oro vs azioni

Quest’anno l’oro ha sovraperformato le azioni, nonostante la solidità dell’economia statunitense e gli alti tassi d’interesse reali (tassi nominali al netto dell’inflazione), per cui oggi il metallo giallo è visto come un asset rischioso anziché come una riserva di valore. La domanda di oro proveniente dalla Cina è aumentata, poiché le apprensioni riguardo al settore bancario nazionale e il calo dei prezzi delle abitazioni hanno spinto i locali a puntare su un bene rifugio.

L’andamento dei mercati azionari è dettato dal boom dell’IA; gli analisti si aspettano che le società continuino a battere le stime sulla crescita degli utili per giustificare le valutazioni. Tuttavia, al di fuori del settore informatico, solo le società finanziarie sono finora riuscite in questa impresa. È possibile dunque che le azioni scontino un miglioramento dell’economia, specialmente con l’intensificarsi del ciclo globale di riduzione dei tassi.

Fattori di impulso per le obbligazioni

Le obbligazioni corporate e i titoli di Stato sono molto più sensibili ai tassi d’interesse, poiché entrambe le asset class perderebbero valore a fronte di un nuovo aumento dei tassi. I titoli corporate e le emissioni high yield hanno retto bene ai rialzi dei tassi e ai timori riguardo alla necessità di molte aziende di rifinanziare il debito a tassi di interesse più elevati.

Non si sono registrate grandi preoccupazioni in merito alla possibilità che il rallentamento dell’economia e degli utili provocasse un aumento dei tassi di default, e poi il calo dei tassi d’interesse derivante dal ciclo di allentamento ha risollevato le prospettive. Ciò è in linea con il rally dei settori azionari sensibili ai tassi come i REIT, le telecomunicazioni, le utility e le small cap statunitensi.

I titoli di Stato globali hanno stentato a sovraperformare i tassi monetari dall’inizio di quest’anno e le relative curve dei rendimenti hanno anticipato i tagli dei tassi, provocando un crollo del premio a termine (la remunerazione richiesta dagli investitori per prestare denaro su un periodo più lungo) e un’inversione della curva dei rendimenti.

Un ritorno alla normalità?

Affinché i tassi a lungo termine negli Stati Uniti risalgano al di sopra di quelli a breve è necessario un ciclo di riduzione dei tassi di circa due punti percentuali. Ciò implica un ritorno dei tassi reali su livelli medi, un ciclo medio di tagli dei tassi e un ripristino del regime di politica monetaria prevalente all’indomani della crisi finanziaria globale.

Nel complesso, le materie prime, l’oro e i titoli di Stato sembrano indicare un significativo rallentamento, che permetterebbe di abbassare i tassi in linea con l’esperienza passata (incluse le recessioni), mentre le obbligazioni corporate e le azioni scontano prospettive molto più rosee di una ripresa dell’attività e degli utili.

Il vero elefante nella stanza

Chi ha ragione, dunque? Facendo un passo indietro, vediamo che il vero elefante nella stanza è l’eccesso di liquidità. Se sommiamo il quantitative easing, un decennio di tassi su livelli di emergenza e, più di recente, l’aumento della spesa pubblica, il risultato è la presenza di troppo denaro che insegue una penuria di opportunità di investimento, per cui non è più necessario prendere decisioni di allocazione.

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