UniCredit, Gheddafi in soccorso a Profumo

La Banca Centrale della Libia, la Libyan Investment Authority e Libyan Foreign Bank detengono il 4,23% di UniCredit.

La notiza viene ufficializzata dall’istituto centrale dello stato nord africano:  UniCredit ” rappresenta una chiara opportunità di lungo periodo nonchè una una solida realtà industriale” recita il comunicato della Central Bank of Libya.

I tre istituti, si legge nel comunicato, si impegnano inoltre a partecipare all’emissione del bond convertibile per oltre 500 milioni di euro.

Il fondo governativo Libyan Investment Authority, è stato costituito nell’agosto 2006 grazie ai trasferimenti dal Libyan Arab Foreign Investment Company, Libyan African Investment Portfolio e Oilinvest Company.

Secondo le ultime stime il fondo detiene asset per 50 miliardi di dollari, in larga parte provenienti dalla vendita di petrolio e gas naturale.

Tra le altre partecipazioni del fondo, ricordiamo:

  • OiLibya
  • AFRIQIYAH AIRWAYS
  • Sahel-Saharan Investment and Trade Bank (BISC)
  • LAP Green Network
  • Libyan Arab African Investment Trade Company
  • Libyan African Portfolio (Suisse) SA
  • Lybian Foreign Bank inoltre,  ricorda di essere già presente in Unicredit dal 1997 con una quota dello 0,56%.

    Solo ieri il Presidente del Consiglio Berlusconi aveva lanciato l’allarme fondi sovrani:“ci sono paesi produttori di petrolio che stanno acquistando massicciamente sui nostri mercati”. Oggi arriva la  conferma.  Fortuna vuole che il fondo sovrano in questione sia porprio quello di Muammar Gheddafi, lider libico e vecchio investitore nel Belpaese

    Lo scorso 30 agosto, infatti, il premier Silvio Berlusconi e il leader libico firmavano “l’Accordo di amicizia e cooperazione” tra i due Paesi. Accordo che promette di “voltare pagina rispetto al passato coloniale” italiano in Tripolitania e Cirenaica con una serie di compensazioni di “diversi miliardi dollari”.. L’accordo metterà fine al contenzioso coloniale, Berlusconi come simbolo ha riportato in Libia la ‘Venere di Cirene’. La statua era stata trafugata da archeologi italiani nel 1913.

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