Outlook 2025: la view di Artemis

Questo è stato l’anno in cui la metà del mondo è andata alle urne e gli elettori hanno consumato la loro rivincita, creando le premesse per un 2025 che si preannuncia interessante.

Nel Regno Unito i Conservatori sono stati mandati a casa dopo 14 anni al potere. Negli Stati Uniti Trump è ritornato alla Casa Bianca e i Repubblicani hanno conquistato la maggioranza sia al Senato sia alla Camera dei Rappresentanti. Altri leader, come Modi in India e Macron in Francia, hanno subito una sorprendente batosta.

I giornali hanno versato fiumi di inchiostro per spiegare i risultati elettorali ma, a mio avviso, gli effetti postumi del Covid e l’inflazione a due cifre registrata nel 2022 hanno svolto un ruolo preponderante.

L’azione congiunta delle banche centrali e dei governi è riuscita a compiere un atterraggio morbido e a riportare l’inflazione sotto controllo. Molti elettori però, irritati dall’aumento delle bollette e dei prezzi nei supermercati, non erano disposti a fare sconti e non hanno esitato ad attribuire la responsabilità ai partiti al potere, facendone pagare loro il prezzo.

Paradossalmente, le politiche dei vincitori delle elezioni faranno probabilmente aumentare l’inflazione, vuoi per l’aumento della spesa pubblica, vuoi per l’imposizione di dazi, vuoi per un rialzo del salario minimo. I dettagli possono variare da un paese all’altro, ma il risultato sarà sempre quello di far salire l’inflazione. Forse non a un tasso a doppia cifra ma pensare di ritornare ai livelli inferiori al 2% di prima del Quantitative Easing non è realistico.

Questi sviluppi possono essere addirittura positivi per i paesi con forti deficit, dato che l’inflazione erode il valore reale del loro debito, mentre per chi riceve incrementi salariali reali, ha una maggiore sicurezza del lavoro e opera in settori caratterizzati da maggiori investimenti, il 2025 potrebbe essere un anno buono. Con tutta probabilità il lavoro sarà premiato e il capitale sarà penalizzato. Ciò significa che, nel loro insieme, gli investitori – e quindi l’investitore passivo medio – devono prepararsi a ricevere qualche delusione. Il private equity, in particolare, ha di fronte una strada in salita ma di questo parlerò alla fine.

A mio modo di vedere, l’anno prossimo i migliori risultati saranno realizzati in aree messe in secondo piano nonché da una forte selezione del credito da parte di gestori che possono identificare i vincitori utilizzando tecnologie, facendo scelte intelligenti di efficienza e allargando i propri mercati.

La ripresa della Cina

La Cina è stato il paese più lento ad uscire dalla crisi indotta dal Covid. Fino a poco tempo fa, era opinione comune che non ci si potesse investire ma ora le cose stanno cambiando. Infatti, le attività di stimolo messe in atto ultimamente hanno spinto gli investitori a riesaminare la situazione locale. Molto è stato scritto sulla crisi immobiliare in Cina, attribuita forse erroneamente al governo. Sono dell’avviso che la Cina stia cercando di adottare un modello di crescita incrementale sullo stile di quello di Singapore, in luogo di quello caratterizzato da un susseguirsi di crescite esplosive e profonde crisi. La bolla immobiliare doveva scoppiare ed è meglio che sia successo ora.

Le minacce di Trump sui dazi possono rendere meno entusiastiche le prospettive di crescita della Cina. Vediamo come. Innanzitutto, è opportuno ricordare che gli USA sono destinatari di appena il 14,4% delle esportazioni cinesi, rispetto al 19% nel 2017. La Cina è oggi molto più autosufficiente. I grossi cambiamenti strutturali che si stanno attuando nel Paese dovrebbero tradursi in una crescita costante, vigorosa e sostenibile, che a sua volta alimenta la fiducia dei consumatori.

Mercati emergenti e Regno Unito riemergente

Con il mercato immobiliare cinese che comincia a stabilizzarsi e con gli investimenti in corso nel sud-est asiatico – unitamente agli investimenti infrastrutturali negli USA, fra gli altri paesi – ritengo che i prezzi delle materie prime subiranno pressioni al rialzo.

Al contempo, credo che assisteremo ad un rallentamento dell’economia USA e ad un ribasso del dollaro. Queste tendenze potrebbero far diventare i mercati emergenti i grandi vincitori nel 2025, anche se l’India sembra costosa. Anche in questo caso sarà la selezione del credito a fare la differenza.

È dal 2016 che il Regno Unito hanno lo stesso glamour di un gilet di lana, delle scarpe con le zeppe e delle camicie con i colletti lunghi e a punta. La ruota però gira. Le azioni del Regno Unito hanno registrato una buona performance nel 2024, anche se sono state messe in ombra dalle azioni USA (o da una piccola parte delle azioni USA). In ogni caso c’è del potenziale e le possibilità di realizzare rendimenti positivi nel 2025 e nel 2026 sono buone.

Su altri fronti

Chi è alla ricerca di titoli in grado di dare buoni rendimenti all’interno di un portafoglio diversificato potrebbe volgere lo sguardo sulle azioni britanniche e giapponesi. Nel reddito fisso le strategie ad alto rendimento presentano un certo fascino grazie all’attenzione posta alla selezione del credito. Con l’incertezza che circonda l’inflazione, ritengo che gli investimenti in titoli a breve scadenza continueranno a dare soddisfazione.

Pretendere che gli USA ripetano l’exploit di quest’anno è chiedere un po’ troppo. Poiché ritengo che il dollaro scenderà nel 2025, penso che sarebbe una buona idea rivedere le allocazioni. Chi investe in strategie globali passive presenta sicuramente una concentrazione storicamente elevata negli USA, specialmente nei Magnifici 7. A mio avviso le società minori hanno maggiori possibilità di generare ottimi rendimenti. Le strategie long-short USA dovrebbero avere una marcia in più nella generazione di extra rendimenti per compensare eventuali rallentamenti.  L’Europa, invece, conclude l’anno in una posizione veramente difficile. Mi sento di affermare che il modo più sicuro per investire nel Continente è quello di usare l’approccio dell’investitore orientato al valore.

L’inconcepibile private equity 

E finalmente arriviamo al private equity. Pensavo che questo settore avrebbe avuto difficoltà nel 2024. Il fascino che esercita è per me inconcepibile. Per quanto mi riguarda, tutto quello che c’era da guadagnare senza troppi sforzi è già stato guadagnato. Il perdurare dell’inflazione significa che i tassi di interesse continueranno a rimanere alti e ciò non è certo un vantaggio per il private equity. Il settore è stato in grado di prosperare perché molto spesso le valutazioni sono opache.

Per troppo tempo il private equity è stato considerato come una valida scelta nella diversificazione di un portafoglio. Non lo è, perché è esposto agli stessi fattori economici di tutti gli altri mercati pubblicamente accessibili. L’unica differenza è nella formazione dei prezzi. Nel momento in cui gli investitori si cominciano a interrogare sulle valutazioni e a smettere di dare al settore il beneficio del dubbio, il private equity potrebbe trovarsi di fronte ad una dolorosa resa dei conti.

Data l’alternativa fra l’inguardabile e l’inconcepibile, scelgo a occhi chiusi il gilet di lana e le zeppe.

A cura di Paras Anand, CIO di Artemis

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