Nel corso del primo mandato di Donald Trump, l’indice S&P 500 è salito del 14% all’anno. Durante la presidenza di Joe Biden lo stesso indice ha registrato un rialzo del 15% all’anno. Eppure in quegli otto anni ci sono stati tagli alle tasse sugli utili aziendali, dazi e una guerra commerciale con la Cina, il Covid, la guerra in Ucraina, una guerra in Medio Oriente, un’inflazione superiore all’8%, un’inflazione prossima allo zero e prezzi del petrolio sia negativi sia superiori a 100 dollari.
“Tutto questo forse ci dice che, se da un lato non vi è alcun dubbio che questa elezione avrà un impatto concreto su diverse aree dell’economia, dall’altro gli effetti della politica sul mercato in generale sono difficili da prevedere. Fino a questo momento il mercato ha colto gli aspetti positivi della vittoria di Trump e ha cavalcato l’onda. I previsti tagli alle tasse, i programmi di efficientamento della burocrazia statale e l’aumento delle fusioni e delle acquisizioni sono sicuramente fattori degni di nota. Gli spiriti animali ormai sono in fermento, come dimostrato dalla ripresa della fiducia delle piccole imprese, che sta replicando il forte aumento che seguì la vittoria di Trump nel 2016”. Ad affermarlo è James Dudgeon e Adrian Brass, co-managers del fondo Artemis Funds (Lux) US Extended Alpha di Artemis, che di seguito spiega nei particolari la view.
Fiducia delle piccole imprese Usa
Fonte: Datastream 10 dicembre 2024
Per una serie di coincidenze fortuite, ho da poco finito di leggere la biografia di Elon Musk scritta da Walter Isaacson. Indipendentemente dall’opinione che si può avere sulle scelte politiche dell’uomo, bisogna riconoscere che la carriera di imprenditore di Musk è stata straordinaria. Nel leggere questo libro, quello che mi ha colpito di più è l’insofferenza per l’eccessiva regolamentazione, il desiderio di ridurre i costi e gli incessanti tentativi di apportare miglioramenti, spesso in tempi impossibilmente rapidi.
Una formula evidentemente fortunata, dati i sorprendenti risultati che Musk ha ottenuto nel settore privato con Space X e Tesla. Ora l’imprenditore cercherà di replicare i suoi successi nel settore pubblico nel suo nuovo ruolo di co-responsabile – insieme a Vivek Ramaswamy – del Dipartimento per l’efficienza del governo (Department of Government Efficiency – DOGE). Trump e il suo vice-presidente Vance hanno definito il compito assegnatogli “Il progetto Manhattan del nostro tempo”.
Perché è importante tutto questo per gli investitori? La spesa del governo federale è pari a 6 trilioni di dollari all’anno. Una riduzione di tale importo contribuirebbe ad alleviare l’onere del debito pubblico ma, ad avere effetti diffusi, sarà soprattutto una diversa allocazione di quei 6 trilioni di dollari. Fra i capitoli di spesa più controversi ci sono quelli relativi alle società del settore Difesa con contratti a costo più; ai consulenti che addebitano spese al governo senza molti controlli; i sussidi alle auto e alle rinnovabili; il Medicare che ha sul suo prontuario letteralmente migliaia di prezzi per un particolare farmaco; costi amministrativi in vaste aree dell’economia.
Naturalmente il DOGE non avrà vita facile con i Democratici. Inoltre, Trump e Musk, con i loro super ego, potrebbero non coesistere a lungo. Ad ogni modo, accogliamo con favore la possibilità di gettare uno squarcio di luce, grazie al DOGE, sugli sprechi lamentati da tanti dirigenti aziendali nell’ambito del governo. La tradizionale mancanza di accountability ha sicuramente favorito operatori disonesti e conoscere i loro nomi ci darà la possibilità di venderne allo scoperto le azioni.
L’eccezionalismo americano e il deficit
La narrazione dell’“eccezionalismo americano” sembra essersi intensificata di recente. Infatti, la capacità degli USA di avere un PIL che cresce a ritmi elevati, di essere il centro dell’innovazione per l’IA, di attuare enormi programmi di spesa pubblica e di poter contare su vaste risorse energetiche continua ad aggiungere benzina al fuoco. L’unica nota dolente per gli analisti è quella del deficit pubblico, che attualmente rappresenta il 6% del PIL.
Mentre la campagna elettorale è stata dominata (da entrambe le parti) da promesse di maggiore spesa pubblica, e quindi di continui enormi deficit, vorremmo sottolineare due aspetti fondamentali che suggeriscono che si andrà invece nella direzione opposta.
Il primo è la creazione del DOGE, il cui unico scopo è quello di tagliare o razionalizzare la spesa pubblica e di sfoltire le norme burocratiche. Il secondo riguarda la nomina a Segretario del Tesoro di Scott Bessent che, avendo lavorato per George Soros e Stanley Druckenmiller, sicuramente è a suo agio nell’ambito della macroeconomia globale. Bessent era anche un ammiratore del giapponese Shinzo Abe e della sua politica delle “Tre Frecce”, che si proponeva di far procedere di pari passo la politica di bilancio, la politica monetaria e la riforma strutturale.
Bessent propone un piano ”3-3-3” per ridurre il deficit di bilancio e al contempo sospingere la crescita e la produzione di energia. Ciò comporta una crescita del 3% per il PIL, un deficit di bilancio pari al 3% del PIL e una produzione incrementale di tre milioni di barili di petrolio al giorno. Nessuno di questi obiettivi è particolarmente semplice da raggiungere ma siamo dell’avviso che l’idea di un deficit fuori controllo sotto la presidenza Trump sembra molto meno probabile con il DOGE e con il nuovo Segretario del Tesoro.
La deregolamentazione crea un ambiente positivo per i finanziari
Non c’è area che ha sofferto più del settore finanziario per l’aumento della burocrazia e di lacci e lacciuoli. A partire dall’incertezza sui requisiti patrimoniali per le grandi banche per finire all’ambiente ostile alle fusioni e acquisizioni, molti consulenti aziendali lamentano l’incapacità dei loro clienti di pianificare per il lungo termine per via della regolamentazione.
La speranza è che una deregolamentazione migliorerà la posizione patrimoniale delle banche, accelererà la crescita dei prestiti, eliminerà onerosi costi di compliance e, soprattutto, porterà ad una ripresa dei mercati dei capitali, dove i livelli delle attività di quotazione in borsa delle aziende e di acquisizioni sono veramente molto depressi. Il nostro fondo era sovrappesato nei finanziari in vista delle elezioni e nel frattempo ha effettuato ulteriori investimenti in queste società. Abbiamo un ventaglio di partecipazioni che spaziano dal settore delle assicurazioni auto a quello dell’intermediazione assicurativa passando per quelli dei pagamenti, delle carte di credito e delle banche.
Però c’è da aspettarsi volatilità
Anche se abbiamo sottolineato i molti aspetti positivi di Trump 2.0 per gli investitori, è chiaro che ci sono anche rischi. Grazie a Trump 1.0 sappiamo che ci aspetta tanta incertezza. La politica dei dazi è vista come una delle più rischiose. Il tempo dirà se la retorica diventerà realtà ma non dovremmo dimenticare che proprio i dazi aprirono la strada della recessione industriale nel 2018. Riteniamo anche affascinante monitorare se l’egocentrismo dei membri della squadra di Trump può essere tenuto sotto controllo per un tempo sufficientemente lungo da consentire agli stessi di collaborare e quindi soddisfare le loro ambizioni.