L’oro si sta rapidamente riavvicinando al test del top segnato a fine ottobre a 2.790 dollari per ocia dopo aver oltrepassato in area 2.680 la trendline discendente di medio termine.
I fattori che sostengono l’uptrend dell’oro
In primo luogo, gli acquisti da parte delle banche centrali, con Paesi come Cina, India e Turchia che hanno incrementato le loro riserve auree per diversificare gli asset a discapito del dollaro. Complessivamente le banche centrali hanno acquistato a livello globale 694 tonnellate di oro nei primi nove mesi del 2024 e la Banca Popolare Cinese ha annunciato a novembre che riprenderà gli acquisti di oro dopo una pausa di sei mesi.
A sostenere l’oro è anche l’incertezza connessa all’evoluzione geopolitica. Non sono solo i conflitti in Ucraina e Medio Oriente a portare gli investitori verso un bene rifugio come l’oro, ma anche le incertezze connesse alle future politiche di Trump. La vittoria elettorale di Trump a novembre ha, infatti, fornito uno degli scenari più favorevoli per l’oro, poiché ha aumentato l’incertezza geopolitica, cui si è aggiunta l’attesa di una spesa fiscale in ulteriore crescita negli USA.
Infine, le politiche monetarie: se nella fase di aumento dei tassi di interesse, l’oro rappresentava la protezione di eccellenza contro l’inflazione che le politiche monetarie combattevano, nell’attuale fase di riduzione dei tassi di interesse, continua ad offrire un’alternativa rispetto ad altre asset class, anche se il costo beneficio di detenerlo è aumentato. I prezzi dell’oro hanno, infatti, subito un leggero calo dopo che la Fed ha abbassato i tassi a dicembre, ma va ricordato che la banca centrale statunitense ha anche indicato che nell’anno in corso i tassi scenderanno più lentamente di quanto previsto in precedenza.
Le previsioni
“Guardando al 2025 – afferma Diego Franzin, Head of Portfolio Strategies di Plenisfer Investments SGR – alcune stime indicano che l’oro potrebbe raggiungere i 3.000 dollari l’oncia, sostenuto dal perdurare dei fattori descritti, ma anche da una possibile ripresa dell’inflazione connessa alle politiche fiscali e commerciali di Trump e alle attese di un ulteriore aumento del debito pubblico record statunitense. Riteniemo che, indipendentemente dall’andamento di breve termine del prezzo, l’oro continuerà a svolgere anche nel 2025 diverse funzioni chiave in un portafoglio d’investimento. Continuerà ad essere un forte elemento di diversificazione, contribuendo a contenere la volatilità del portafoglio grazie alla sua bassa correlazione con altri asset. Continuerà a offrire protezione dall’inflazione, che storicamente, si presenta a ondate e che, soprattutto negli USA, potrebbe restare sopra i livelli oggi attesi dai mercati. E continuerà a rappresentare un bene rifugio, in tempi di incertezza economica o geopolitica”.