Commodity: rame atteso di nuovo ai massimi storici nel 2025

Il 2024 non è stato un anno facile per il rame, che da un lato si è ritrovato a essere una delle materie prime più importanti per lo sviluppo di tecnologie a basse amissioni di CO2 e anche per alcuni settori industriali tradizionali, ma dall’altro ha subito il rallentamento dell’immobiliare e dei consumi della Cina, che da sola assorbe circa la metà dell’offerta.

In ogni caso, grazie all’accelerazione della transizione energetica e all’intenzione del Governo di ammodernare la sua rete distributiva, Pechino ha comunque aumentato la propria domanda di rame, innescando così una forte decorrelazione tra la commodity e l’andamento di altri comparti che prima avevano un ruolo determinante. Questo trend è stato poi ulteriormente rafforzato dal fatto che sul finire dello scorso anno, dei sei mercati che più assorbono rame, ovvero beni di consumo, griglie elettriche, beni elettronici, condizionatori, trasporti e immobiliare, solo quest’ultimo continuava a registrare performance negative.

Per quanto riguarda l’offerta, invece, la chiusura della miniera Cobe Panama, sul finire del 2023, ha continuato ad avere effetti sulla produzione di metallo grezzo anche nel 2024, costringendo le imprese attive nel settore a rivedere le loro commissioni sul trattamento e la raffinazione e persino a operare con margini di mercato negativi, onde evitare di fermare l’attività dei loro impianti. Considerando che grossa parte dei processi di raffinazione sono regolati da contratti a lunga scadenza, rinegoziati a cadenza annuale, le società che operavano con margini attorno agli 80 dollari per tonnellata di rame hanno processato quanto più materiale grezzo possibile prima dell’avvio della revisione, contribuendo a mantenere alti i livelli di offerta.

Tuttavia, alla fine i nuovi contratti sono stati ridiscussi sul finire dello scorso anno e in alcuni casi le remunerazioni sono state tagliate fino a 21 dollari a tonnellata. Possiamo quindi affermare che nel 2025 gli incentivi alla raffinazioni saranno molto più deboli, in quanto, a questi prezzi, molte società si troveranno in perdita. Pertanto, è molto probabile che la disponibilità di rame lavorato sul mercato si ridurrà considerevolmente.

A dimostrazione di ciò, grandi società estrattive come First Quantum e Ivanhoe Mines hanno pubblicato previsioni molto caute, con quest’ultima che ha stimato un calo della produzione del 5%. Per le produzioni nazionali la situazione non è migliore, dato che il Perù, il secondo produttore al mondo, ha registrato una contrazione dell’1,4% nel mese di ottobre e del 5% nel mese di novembre; inoltre, il Cile – il principale produttore di rame – ha stimato una contrazione del 14% nei prossimi anni, con un picco della produzione che non si dovrebbe verificare prima del 2027.

Cosa può comportare la ristrettezza dell’offerta?

Secondo i dati di Bank of America, la produzione di veicoli elettrici (che necessita di un quantitativo di rame quattro volte superiore a quello dei veicoli a combustione interna) crescerà del 15%, mentre quella di energia solare ed eolica crescerà del 60%. Inoltre, anche l’investimento della Cina nella sua rete elettrica menzionato inizialmente avrà un suo peso, considerando che Pechino ha dichiarato di voler spendere il 10% in più dei fondi stanziati nel 2024 (89 miliardi di dollari contro gli 80 dello scorso anno). Tutto ciò non potrà fare altro che tradursi in un maggiore consumo, e quindi in una maggiore domanda di rame.

Infine, è opportuno fare una considerazione sui cosiddetti fattori ciclici, come l’accumulo di scorte che si è osservato negli anni della pandemia di Covid-19 o la produzione intensiva nei periodi in cui le remunerazioni erano alte. Secondo molti osservatori (come l’Agenzia Internazionale dell’Energia, Goldman Sachs, Maquarie e altri), il mercato del rame sta andando verso una situazione di deficit permanente, ma gli elementi appena menzionati hanno sempre contraddetto questa previsione. In realtà, secondo di Ofi Invest AM, l’unico effetto che questi hanno sortito è stato rimandare l’inevitabile, con questo trend di lungo termine che dovrebbe iniziare a manifestarsi proprio a partire da quest’anno.

In conclusione, è vero che i mercati dei metalli sono spot e che il deficit che si allargherà sempre di più genererà un aumento graduale dei prezzi, ma questo aumento comunque ci sarà, con il rame che dovrebbe iniziare a tornare a ridosso dei suoi massimi storici, attorno ai 10.500 dollari per tonnellata, a detta di Ofi AM.

 

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