I BTP sono davvero privi di rischi?

Il rischio di credito sovrano, ossia il rischio che uno stato non riesca a ripagare i propri debiti, è un tema che sta guadagnando sempre più attenzione tra gli investitori. A sottolinearlo è Benoit Anne, Managing Director, Strategy and Insights Group di MFS Investment Management, che analizza con particolare attenzione il panorama dei titoli di stato e la loro relazione con il rischio di credito.

Anne, recentemente intervistata durante un viaggio a Parigi, ha fatto notare che la percezione del rischio sovrano è cambiata, e non solo in Francia, dove il tema dei titoli di stato è particolarmente sentito. “Esiste un rischio di credito sovrano. Nessuno lo capisce meglio dei miei compatrioti francesi”, ha dichiarato l’autrice, spiegando che durante il suo soggiorno nella capitale francese il tema degli OAT (Obbligazioni Assimilate al Tesoro) è stato al centro delle discussioni. Gli investitori francesi, secondo Anne, sembrano ora più consapevoli che in alcuni casi il rischio associato ai titoli sovrani possa essere più elevato di quanto si pensi, soprattutto quando lo si confronta con il credito corporate, che talvolta appare più sicuro.

Un esempio pratico di questo cambiamento di percezione può essere trovato nell’analisi dei Buoni del Tesoro Pluriennali italiani, i BTP. Pur riconoscendo che i fondamentali economici italiani stiano migliorando, Anne non esita a sottolineare che “questo non significa che il BTP debba essere percepito come privo di rischi”. Infatti, se si esaminano gli spread creditizi dei BTP in rapporto alle loro unità di rating, Anne rivela che “si ottengono solo 9 punti base per unità”, un dato che indica un rischio più elevato rispetto ad altri strumenti di investimento come l’indice di credito in euro, che invece presenta un rendimento più interessante: “Se si facesse la stessa analisi per l’indice di credito EUR, si otterrebbero invece 12 punti base”.

Inoltre, quando si esamina la durata degli investimenti, il rischio appare ancora più evidente. Anne spiega che l’indice BTP, con una duration di 6,4 anni, presenta un rendimento di 49 punti base per unità di duration, che implica che qualsiasi aumento dei tassi di interesse di 49 punti azzererebbe il rendimento positivo. “Per contro, il rendimento di pareggio del credito in euro si attesta a 72 punt”, sottolinea, evidenziando un “cuscinetto di valutazione notevolmente più elevato” che rende l’investimento in crediti corporate più sicuro rispetto ai titoli sovrani italiani.

Infine, l’analisi complessiva rivela che, pur avendo un rendimento simile – rispettivamente 3,10% per i BTP e 3,16% per l’indice di credito in Euro – i due strumenti sono ben lontani dall’avere lo stesso profilo di rischio. “Non lasciatevi ingannare”, avverte Anne, “il rischio di credito sottostante è molto diverso”.

La riflessione di Benoit Anne solleva una questione cruciale per gli investitori: mentre il contesto macroeconomico di alcune nazioni, come l’Italia, è migliorato, il rischio sovrano non può essere ignorato, e il credito corporate potrebbe offrire opportunità più sicure, seppur con dinamiche di rendimento differenti.

 

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