Negli ultimi anni, i mercati azionari hanno registrato guadagni impressionanti, ma dietro questa crescita si cela una tendenza di lungo termine meno incoraggiante: la drastica riduzione del numero di società quotate negli Stati Uniti. Come sottolinea Matt Mahon, portfolio manager della US Smaller Companies Equity Strategy di T. Rowe Price, “il numero di società quotate in borsa negli Stati Uniti si è ridotto di oltre la metà negli ultimi 25 anni”. Questo fenomeno ha implicazioni significative per gli investitori, in particolare per coloro che operano nel segmento delle small cap.
La riduzione delle opportunità di investimento
Il mercato azionario statunitense ha subito una contrazione significativa. Secondo Mahon, “il numero di società quotate nell’indice FT Wilshire 5000 Total Market è sceso da un picco di 7.562 nel luglio 1998 a soli 3.326 nel dicembre 2024”. Questa riduzione si deve a vari fattori, tra cui un’intensa attività di fusioni e acquisizioni, l’aumento delle operazioni di private equity e una regolamentazione più stringente che scoraggia le nuove quotazioni.
In particolare, la diminuzione delle IPO è stata una tendenza preoccupante. “L’attività di IPO è diminuita di oltre la metà dal picco raggiunto alla fine degli anni ’90”, afferma Mahon. L’aumento degli investimenti in venture capital ha permesso alle start-up di crescere senza la necessità di quotarsi in borsa, mentre i costi elevati e la burocrazia hanno ulteriormente scoraggiato le nuove quotazioni. Il Sarbanes Oxley Act, in particolare, ha introdotto oneri normativi che hanno reso più costoso e complesso il processo di quotazione.
Impatto sulle small cap
La contrazione del mercato ha avuto un impatto significativo sull’indice Russell 2500, con un deterioramento della qualità media delle aziende incluse. “Il rendimento medio del capitale proprio dell’indice Russell 2500 è sceso da un picco del 12,6% nel 1998 al 5,5% di oggi”, osserva Mahon. Inoltre, più di un terzo delle aziende dell’indice non genera utili, aumentando i rischi per gli investitori. In un contesto di tassi di interesse più elevati, la capacità delle piccole imprese di rifinanziare il debito diventa una questione cruciale, anche se Mahon evidenzia che “circa una piccola impresa su cinque non ha debiti in bilancio”.
L’investimento passivo presenta delle insidie in questo contesto. Secondo Mahon, “quando il denaro affluisce in prodotti passivi, contribuisce a far salire le azioni di società mediocri insieme a concorrenti più forti”. In caso di una flessione del mercato, le azioni meno liquide e di qualità inferiore potrebbero subire perdite più significative, rendendo la selezione attiva ancora più cruciale.
La selezione come chiave del successo
La riduzione delle opportunità di investimento e la minore qualità media del mercato impongono agli investitori un approccio più selettivo. “È fondamentale rimanere concentrati sulla comprensione sia dei rischi sia dei potenziali guadagni, con l’obiettivo di identificare le migliori opportunità in un orizzonte temporale di tre-cinque anni”, afferma Mahon. Un approccio disciplinato, basato su fondamentali solidi e sulla selezione di aziende con utili positivi, flussi di cassa liberi e team di gestione capaci, può fornire un vantaggio significativo in un mercato sempre più complesso.
Prospettive positive a lungo termine
Nonostante le sfide attuali, il contesto per le small cap statunitensi rimane favorevole nel lungo termine. Mahon sottolinea che “valutazioni storicamente basse, tendenze consolidate alla delocalizzazione e alla rilocalizzazione e una gestione aziendale favorevole al mercato interno sono di buon auspicio per le small cap”. Sebbene i prossimi mesi possano essere instabili a causa delle incertezze economiche e politiche, le prospettive strutturali per questo segmento di mercato restano solide. Per gli investitori con una visione a lungo termine, la selezione attiva di aziende di qualità potrebbe rivelarsi una strategia vincente.