LA PROTESTA
Davanti alla sede di UBS private banking di Zurigo, centinaia di persone lanciano appelli contro i banker della prima banca svizzera, chiedendo “restituite i bonus”. La protesta ovviamente si inquadra nel ‘drammatico’ programma di salvataggio orchestratato dalla Governo Federale elvetico, che il 16 ottobre scorso è entrato (con una decisione storica) nel capitale della banca guidata da Peter Kurer, iniettando 10 miliardi di franchi svizzeri.
IL SALVATAGGIO CON I FONDI PUBBLICI
L’intervento ha coinvolto tre attori, UBS, la Banca Nazionale Svizzera e la Confederazione Elvetica. Il primo ad entrare in gioco sarà la Confederazione, che stanzierà 6 miliardi ad UBS, che a sua volta creerà un fondo, dove la stessa banca trasferirà circa 60 miliardi di dollari di prodotti finanziari illiquidi. A sua volta la BNS, che deterrà la maggioranza ed il controllo sul fondo, stanzierà ad UBS 54 miliardi di dollari, così da permettere ad UBS di liberarsi delle posizioni illiquide presenti a bilancio e di colmare il buco lasciato a patrimonio.
Prestiti che costeranno cari alla banca elvetica, che per la sola BNS dovrà sostenere una fee pari al tasso Libor più un supplemento di 250 bp. Differenti le condizioni per la confederazione svizzera, dove la commissione applicata sarà del 12,5%, cioè 700 milioni di franchi circa all’anno.
UN FRONTE COMPATTO CONTRO I BANCHIERI
L’Unia, il primo sindacato svizzero con oltre 200.000 iscritti, ha confermato che quasi 1.000 persone si trovano di fronte alla sede principale di UBS. Anche la stampa si è mossa in questa crociata contro I colletti bianchi. Il primo quotidiano del paese, Blick, ha pubblicato addirittura una lettera indirizzata all’ex presidente di UBS Marcel Ospel, chiedendo di restituire i bonus conseguiti negli scorsi anni. Anche il Governo avrebbe avviato un iter legislativo per rendere più veloce la richiesta di risarcimenti ai danni dei manager, rei di condotta contro gli interessi del gruppo.
Il gruppo di protestanti chiede a UBS di limitare gli stipendi a 500.000 franchi svizzeri (circa 429.000 dollari) e fermare le donazioni ai partiti politici. “Abbiamo ricevuto diverse richieste e le valuteremo” ha detto il portavoce di UBS, Rebecca Garcia.
L’ETICA DI KURER
Nel weekend è intervenuto anche l’attuale presidente di UBS, Peter Kurer, che durante una trasmissione radio alla DRS ha detto che le basi legali per richiedere la restituzione dei bonus non ci sono: “Visto il momento in cui ci troviamo, sia nel settore bancario che in generale, credo si tratti per lo più di una questione di etica” ha detto Kurer.
Proprio l’etica dovrebbe colpire Marcel Ospel (Ceo del colosso svizzero ai tempi dello scoppio della crisi e artefice della virata verso il mondo dei subprime).
Sotto il suo mandato, UBS ha svalutato 92,5 miliardi di dollari e perso circa il 72% della sua capitalizzazione di Borsa. Nonostante questo, Ospel, 58 anni, nella sua carriera ha ricevuto circa 137 milioni di franchi svizzeri tra stipendi e bonus. A questa cifra si dovrebbe aggiungere anche lo stipendio del 2007 ma non il bonus.
L’attuale Ceo, Marcel Rohner, dal canto suo ha rifiutato la parte variabile dello stipendio di quando era a capo della divisione Wealth Management. UBS invece sta pagando l’ex Ceo, Peter Wuffli, l’ex CFO, Clive Standish e il responsabile dell’investment banking, Huw Jenkins, una cifra complessiva di 93,6 milioni di franchi svizzeri in salari, bonus e consulenze varie effettuate tra il 2007 e il 2009.