Il primo trimestre del 2025 ha tracciato due direttrici ben distinte nel comportamento degli investitori globali: da una parte, la crescente attenzione verso la spesa per la difesa in Europa, dall’altra, un rinnovato interesse per il debito in valuta locale dei mercati emergenti. A delineare il quadro con chiarezza è Francesco Lomartire, Head of Intermediary Client Coverage Southern Europe di State Street Global Advisors, che analizza in dettaglio i dati sui flussi obbligazionari e le dinamiche macroeconomiche sottostanti.
Europa: i Bund perdono appeal, ma l’Eurozona tiene
“Fino a fine febbraio – spiega Lomartire – le partecipazioni degli investitori a lungo termine nei Bund tedeschi si collocavano al 98° percentile rispetto agli ultimi cinque anni.” Una posizione estrema, che si è rapidamente ridimensionata con l’annuncio da parte della Germania di un allentamento del freno costituzionale al debito per finanziare le spese militari. La notizia ha innescato un’ondata di vendite: “Negli ultimi cinque anni, le vendite di Bund sono state più consistenti solo nel 10% delle occasioni”, sottolinea Lomartire.
Tuttavia, il segnale non è stato di fuga dall’Eurozona. Anzi, i flussi si sono orientati verso i titoli di stato di altri Paesi: “La domanda di OAT francesi, BTP italiani e Bonos spagnoli è stata significativamente superiore alla media nel mese di marzo”, osserva Lomartire, suggerendo un riequilibrio piuttosto che una ritirata.
Inflazione in rialzo e nuove sfide per l’Eurozona
Nonostante questa redistribuzione interna, il secondo trimestre si preannuncia complesso. “PriceStats® rileva un momentum molto più marcato dell’inflazione nell’Eurozona rispetto ai trend stagionali e rispetto agli Stati Uniti”, afferma Lomartire, lasciando presagire pressioni inflazionistiche persistenti che potrebbero complicare la traiettoria dei tassi.
Debito emergente: un ritorno di fiamma
Se in Europa domina l’incertezza, altrove si intravede una nuova fiducia. “La domanda di asset dei mercati emergenti, in particolare per i titoli di stato in valuta locale, ha registrato una ripresa notevole alla fine del primo trimestre”, afferma Lomartire. Una tendenza che si intreccia con il ripensamento degli investitori verso il dollaro statunitense, le cui partecipazioni hanno toccato il picco a metà gennaio, per poi calare in modo costante e accelerato.
Tra i protagonisti di questo rinnovato interesse spiccano Messico e Sudafrica, mentre la Turchia è rimasta ai margini a causa delle consuete instabilità. “Sembra che gli investitori stiano adottando un approccio selettivo più costruttivo verso le prospettive del debito EM”, chiarisce Lomartire.
Inflazione e tassi: i margini per l’allentamento
Nel complesso, i dati inflazionistici dei mercati emergenti offrono un contesto favorevole. Lomartire sottolinea: “Il Sudafrica ha registrato un calo molto più marcato dell’inflazione online, e anche in Messico si rileva una discesa, alimentando speranze di tagli dei tassi nei prossimi sei mesi”. Diversa la situazione in Brasile e Polonia, dove l’inflazione è tornata a salire, scoraggiando flussi di capitale.
Con inflazione contenuta e tassi reali elevati, molti Paesi emergenti dispongono di spazio per ulteriori allentamenti. “Un tasso reale medio del 3,25% è ben al di sopra della media ventennale del 1,20% – osserva Lomartire – e superiore rispetto a Stati Uniti, Germania e Regno Unito.”
Il dollaro debole: un vento a favore
Un ruolo chiave lo gioca il dollaro. “La debolezza del dollaro statunitense rappresenta un vento di coda fondamentale per le performance del debito EM”, spiega Lomartire. L’indice Bloomberg EM Local Currency Liquid Government ha segnato un rendimento trimestrale del 3,75%, battendo i Treasury statunitensi e persino gli high yield americani. Diciannove su venti valute emergenti del paniere hanno registrato rendimenti positivi. “Il Dollar Index è sceso del 4% nel trimestre”, ricorda Lomartire, e il mercato si interroga ora sulla possibilità che la discesa continui, anche in vista di potenziali scelte politiche americane favorevoli a una valuta debole.
Inclusioni negli indici: India protagonista, Arabia Saudita in attesa
L’inclusione dell’India nell’indice Bloomberg EM è già in corso, rappresentando il 3% dell’indice a fine marzo. “I titoli indiani hanno reso il 3,34% nel trimestre, sotto la media dell’indice, ma a lungo termine il loro rendimento potrebbe rivelarsi interessante”, afferma Lomartire. Le dinamiche di afflusso e deflusso seguite all’ingresso dell’India sono ancora volatili, anche a causa del contesto elettorale.
In parallelo, l’Arabia Saudita si propone come nuovo candidato. “Le obbligazioni saudite potrebbero rappresentare circa il 6% dell’indice EM in valuta locale”, osserva Lomartire, anche se le partecipazioni estere restano limitate. Il miglioramento del rating sovrano (A+ da parte di S&P) e una gestione fiscale prudente potrebbero favorirne l’inclusione nei prossimi mesi.
In sintesi
Il sentiment degli investitori si sta ridefinendo su nuovi assi geopolitici ed economici. Mentre l’Europa si confronta con il ritorno delle spese militari e i rischi inflazionistici, i mercati emergenti offrono un’alternativa interessante, sostenuti da dinamiche valutarie favorevoli, inflazione contenuta e un crescente peso nei principali indici internazionali. Come sottolinea Lomartire, “anche i piani meglio congegnati possono andare storti”, ma proprio per questo la diversificazione resta la chiave di lettura per affrontare un 2025 dai contorni ancora incerti.