A metà maggio, il dollaro Usa ha registrato un leggero apprezzamento nei confronti delle principali valute mondiali, trainato dalle notizie relative a un allentamento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Secondo Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Ubp, “i dazi sono stati ridotti, concedendo un periodo di 90 giorni per affrontare le questioni sottostanti”. Una mossa interpretata dai mercati come un segnale positivo per il sentiment di rischio, con un immediato rialzo delle azioni e una temporanea correzione delle valute rifugio.
Tuttavia, l’impulso positivo per il dollaro si è rapidamente affievolito. “I negoziatori coreani hanno rivelato che l’amministrazione statunitense ha sollevato la questione del regime valutario della Corea durante i recenti colloqui commerciali,” ha spiegato Kinsella, suggerendo che queste aperture commerciali potrebbero essere subordinate a un’attenuazione del valore del dollaro nei confronti dei principali partner commerciali.
Anche sul fronte europeo, i movimenti valutari restano sotto osservazione. In particolare, il franco svizzero ha mostrato segni di rafforzamento che preoccupano la Banca Nazionale Svizzera. Il presidente Thomas Jordan Schlegel ha sottolineato che il franco si è apprezzato “molto”, un’indicazione che, secondo Kinsella, potrebbe preludere a “un aumento delle dichiarazioni volte a ridurre la pressione al rialzo”. Ubp prevede che la BNS possa intervenire sul mercato per contenere il cambio e, in seconda battuta, considerare la reintroduzione dei tassi negativi sui depositi.
Nel frattempo, anche le materie prime registrano movimenti significativi. L’oro è sceso sotto la soglia dei 3.200 dollari l’oncia. “Il calo riflette il miglioramento del sentiment sul rischio e un cambio di posizionamento a breve termine, dal metallo giallo alle azioni,” osserva Kinsella. Ma si tratta, secondo lui, di un fenomeno temporaneo: “Le prospettive di domanda rimangono solide, con consumatori e banche centrali pronti ad approfittare della debolezza per acquistare”.
Situazione simile per il mercato petrolifero, dove il Brent è sceso sotto i 60 dollari al barile. La decisione dell’OPEC di aumentare la produzione di 411.000 barili al giorno è alla base del ribasso. “Tradizionalmente, l’Arabia Saudita ha sempre dato priorità al mantenimento della propria quota di mercato durante i periodi di domanda debole,” ha commentato Kinsella, aggiungendo che questa strategia potrebbe portare “a continui cali dei prezzi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”, con una possibile discesa del Brent fino a 55 dollari.
In uno scenario globale ancora instabile, i mercati restano quindi sospesi tra segnali di distensione geopolitica e la persistente volatilità degli indicatori macroeconomici.