A un mese dall’annuncio dei dazi “reciproci” da parte del presidente Trump, gli effetti delle nuove misure protezionistiche iniziano a delinearsi con maggiore chiarezza, soprattutto nei paesi emergenti e nell’economia cinese. Nonostante il rimbalzo iniziale dei mercati azionari dopo lo shock di aprile, i dati macroeconomici più recenti mostrano i primi segnali tangibili di rallentamento.
Secondo Mali Chivakul, Emerging Markets Economist di J. Safra Sarasin, “gli ultimi dati suggeriscono che le spedizioni dalla Cina verso gli Stati Uniti hanno subito un forte calo in aprile, dopo un significativo aumento nel mese di marzo”. Una flessione confermata anche dagli indici PMI manifatturieri cinesi, in particolare nel comparto dei nuovi ordini di esportazione.
Diversificazione cinese e pressioni deflazionistiche
Nonostante il calo verso gli USA, l’indice Caixin – più orientato all’export – è rimasto sopra la soglia dei 50. “Le esportazioni verso i mercati non statunitensi continuano a crescere”, osserva Chivakul, segnalando come le imprese cinesi stiano attivamente diversificando i mercati di sbocco.
Nel primo trimestre del 2025, le esportazioni verso i mercati emergenti sono cresciute con vigore, mentre i prezzi di esportazione sono scesi, alimentando pressioni deflazionistiche a livello globale. Tuttavia, “i dati settimanali dei mercati all’ingrosso di Yiwu non mostrano alcuna tendenza evidente sui prezzi né alcun segno di un calo significativo della domanda”, chiarisce l’economista.
Asia
In Asia, gli effetti dei dazi si sono fatti sentire in maniera disomogenea. La maggior parte dei paesi ha registrato un calo dei PMI manifatturieri e dei nuovi ordini, con l’India come eccezione positiva. “L’economia indiana è generalmente più protetta dall’impatto dei dazi, ma ha probabilmente beneficiato anche della riorganizzazione della supply chain”, spiega Chivakul, facendo riferimento al caso Apple.
Al contrario, l’Indonesia ha registrato una contrazione inattesa nonostante la bassa esposizione commerciale agli Stati Uniti. Secondo Chivakul, “la debolezza della domanda interna, conseguenza della revisione della politica fiscale”, sarebbe il principale fattore alla base del rallentamento.
Messico
Fuori dall’Asia, è il Messico a mostrare il dato più allarmante. L’indice dei nuovi ordini di esportazione è crollato a 38, il livello più basso dal 2020. “Un dato che dimostra la gravità dello shock dei dazi”, sottolinea Chivakul. Al contrario, in Europa centrale, orientale e negli altri paesi dell’America Latina, l’impatto è stato finora contenuto.
Politiche monetarie: spazio per nuovi tagli
In questo contesto, le pressioni inflazionistiche restano contenute grazie ai prezzi bassi delle esportazioni cinesi e dell’energia. “Si tratta di un chiaro segnale per molte banche centrali dei mercati emergenti di tagliare ulteriormente i tassi di riferimento per sostenere la crescita”, afferma Chivakul.
Anche il calo dell’8% del dollaro da inizio anno ha rafforzato le valute emergenti, offrendo ulteriore margine di manovra alle banche centrali senza compromettere la stabilità finanziaria.
Prospettive: tassi giù in Asia, cautela in America Latina
Guardando al futuro, Chivakul prevede “nuovi tagli dei tassi in Messico, India e Thailandia”, oltre a un possibile allentamento della politica monetaria da parte della Banca di Corea. Più complessa la situazione in Indonesia, dove “gli ostacoli a un taglio sono leggermente più elevati” a causa della recente sfiducia degli investitori.
In Europa centrale, la Polonia ha già avviato il ciclo di tagli con la decisione della Banca Nazionale del 7 maggio, supportata dai dati sull’inflazione. In America Latina, si prevede invece un aumento dei tassi in Brasile fino al 15%, seguito da un potenziale ciclo di tagli nel quarto trimestre. In Colombia, l’incertezza fiscale e la sospensione della linea di credito del FMI costringeranno la banca centrale a restare in attesa, almeno nel breve termine.
Crescita moderata e rischi valutari
L’incertezza commerciale globale pesa sulla crescita dei mercati emergenti. Come conclude Mali Chivakul, “la crescita più modesta dei mercati emergenti a causa dell’incertezza commerciale continua a indicare rischi al ribasso per le valute” e richiede alle autorità monetarie un equilibrio delicato tra stimolo e stabilità.