Asset allocation: meno America in portafoglio, dopo 25 anni

I mercati azionari statunitensi hanno recentemente registrato un forte rimbalzo, superando i livelli del Liberation Day, ma restando ancora lievemente al di sotto dei massimi del 2025. Un recupero che sorprende per intensità, ma che si inserisce in un contesto di incertezza crescente. A commentare la situazione è Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame AM, che in un’analisi lucida e articolata osserva: “Continuano i colpi di scena e i mercati azionari americani rimbalzano pesantemente, riportandosi su livelli superiori a quelli del Liberation Day, ma ancora leggermente al di sotto dei massimi del 2025”.

Secondo De Michelis, parte del movimento potrebbe essere spiegato con la ben nota strategia comunicativa di Donald Trump: “La tecnica di Trump — peraltro già vista durante il suo primo mandato — di minacciare duramente, poi ritrattare e infine concedere, ha dato anche questa volta i suoi frutti”. Tuttavia, mette in guardia dal confondere i risultati di breve periodo con una solidità di fondo: “Questo modo di agire può avere un impatto negativo sull’economia reale, considerando che le aziende si trovano in grande difficoltà nella gestione del business futuro”.

Le continue oscillazioni tra dichiarazioni aggressive e dietrofront diplomatici stanno creando distorsioni nelle dinamiche aziendali: “Questo continuo alternarsi comporta distorsioni negli ordini e nelle scorte, che probabilmente porteranno a qualche anomalia nei fatturati e negli utili delle società quotate in Borsa”.

Nel breve termine, però, i dati sembrano aver sorpreso positivamente. “La stagione degli utili del primo trimestre ha sorpreso positivamente: quasi l’80% delle aziende dell’S&P 500 ha superato le aspettative, con una crescita degli utili del 12,5% su base annua”. Ma l’esperto avverte: questo ottimismo potrebbe non durare. Le stime per i prossimi trimestri sono in calo: “La crescita attesa per il secondo trimestre è stata rivista al 5,8%, rispetto all’11,3% previsto alla fine del 2024”.

Entrando nel dettaglio, De Michelis sottolinea una distinzione importante tra i colossi tecnologici e altre grandi aziende americane: “Microsoft e Meta continuano a offrire segnali incoraggianti, mantenendo robusti investimenti nell’intelligenza artificiale, con un impegno complessivo superiore ai 152 miliardi di dollari. Al contrario, Amazon e Apple hanno fornito previsioni più caute, citando l’incertezza commerciale come fattore determinante”.

Il quadro economico sembra quindi frenato più da fattori esogeni e politici che da reali debolezze strutturali. L’impressione è che “la contrazione economica sia principalmente legata a un temporaneo aumento delle importazioni, con aspettative di ripresa nel secondo trimestre”. Ma, avverte l’esperto, “considerati i continui stop and go di Trump, diventa difficile fare qualunque tipo di previsione affidabile”.

L’orizzonte resta dunque condizionato dalla geopolitica e dalle scelte tariffarie. *“Le prospettive per il resto dell’anno dipenderanno in gran parte dagli sviluppi sul fronte commerciale, con tariffe e negoziati che rimangono la principale fonte di incertezza”. In uno scenario relativamente stabile, con dazi limitati al 10%, la crescita del PIL Usa nel 2025 potrebbe attestarsi attorno all’1,5%. In tale contesto, la Fedsembra intenzionata a muoversi con cautela: “Probabilmente ritarderà i tagli dei tassi alla seconda metà dell’anno”.

Michele De Michelis non risparmia un apprezzamento al presidente della Fed: “Fortunatamente, almeno Powell resiste e cerca di non farsi mettere i piedi in testa dal Presidente, che in più occasioni ha minacciato di cacciarlo per non aver abbassato il tasso di sconto”. E aggiunge: “Altrimenti non avrebbe alcuna arma a disposizione qualora la situazione macroeconomica statunitense dovesse effettivamente peggiorare”.

I segnali dal mercato del lavoro e dai consumi non sono ancora allarmanti, ma indicano un progressivo raffreddamento: “Le vendite al dettaglio rallentano, così come il mercato del lavoro, che inizia a mostrare qualche piccolo segnale di deterioramento”. Ad aprile sono stati creati 177.000 nuovi posti, ma i jobless claims sono saliti a 229.000, con la media a quattro settimane ai massimi da gennaio.

Il messaggio finale è chiaro: prudenza. “Qualcuno potrà obiettare che tutto questo sia già stato ‘prezzato’ nei valori delle azioni e degli indici. In realtà, sebbene sia opinione diffusa che i mercati azionari siano un buon indicatore di quanto accadrà nell’economia reale, non è sempre così. Come ben sintetizzato dalla celebre frase di Paul Samuelson, ‘il mercato ha previsto nove delle ultime cinque recessioni’”.

Da qui l’invito a non abbassare la guardia: “La valutazione delle azioni è elevata e gli investitori sono pesantemente esposti. La leva finanziaria può amplificare le perdite in caso di crisi. Il mondo è diventato eccessivamente indebitato, il che può generare forti oscillazioni”.

La conclusione dell’analisi è un richiamo alla diversificazione e all’apertura verso nuovi orizzonti: *“Gli investitori dovrebbero mantenere un approccio prudente e puntare su un’adeguata diversificazione degli investimenti. In questo contesto sembra avere molto senso detenere anche asset non americani, dopo uno strapotere durato oltre 25 anni”.

In un mondo sempre più imprevedibile, la cautela resta la strategia migliore.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!