Dollaro e debito Usa: l’analisi di Ubs WM sull’agenda economica di Trump

Negli Stati Uniti, l’agenda economica del Governo Trump torna prepotentemente al centro dell’attenzione dei mercati finanziari. Il recente raffreddamento delle tensioni commerciali con l’Europa, con la sospensione parziale dei dazi, ha contribuito a migliorare il clima, ma il quadro resta ancora fragile. Come spiega Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS Wealth Management in Italia, “i dazi resteranno su un livello medio del 15%, nettamente superiore rispetto al passato” e “questo incremento equivale a un aumento dell’IVA di circa 2 punti percentuali”, destinato ad agire da freno sulla crescita senza tuttavia portare alla recessione.

Ramenghi sottolinea come la parola più ricorrente nelle ultime dichiarazioni delle banche centrali, a partire dalla Fed, sia proprio “incertezza”. E questo elemento, avverte l’esperto, “è nemico dell’economia e dei mercati”, frenando investimenti e decisioni aziendali.

L’agenda della Casa Bianca non si ferma ai dazi

Il prossimo snodo è la politica fiscale, con una proposta di legge che prevede l’estensione dei tagli fiscali del 2017, nuove esenzioni per straordinari e mance, e soprattutto un aumento di 4.000 miliardi di dollari del tetto massimo di indebitamento. Un piano che, secondo il Committee for a Responsible Federal Budget, potrebbe far salire il debito pubblico USA di oltre 5.200 miliardi entro il 2034. “Il rapporto debito/PIL ha raggiunto il 123%, il livello più alto dal 1946”, osserva Ramenghi, anche se precisa che “la capacità degli Stati Uniti di rimborsare il debito non è in discussione”.

Una novità interessante potrebbe arrivare dalla Fed, che sta valutando se permettere alle banche di detenere Treasury senza che questi vengano conteggiati nei coefficienti di riserva, una mossa che potrebbe sostenere la domanda di titoli di Stato e abbassarne i rendimenti.

Dollaro: Ubs WM mantiene un atteggiamento prudente

“L’aumento del debito pubblico potrebbe pesare sulla valuta americana”, afferma Ramenghi, ricordando che “lo stesso Trump in campagna elettorale ha espresso la sua preferenza per un dollaro debole” al fine di favorire l’export industriale.

In termini macroeconomici, UBS prevede un rallentamento della crescita statunitense all’1,5% nel 2025, rispetto al 2,8% del 2024. Tuttavia, la tenuta della Cina (previsto un +4%) e l’avvio di stimoli fiscali in Europa (con una crescita dello 0,7% nell’area euro) potrebbero fungere da contrappeso agli effetti negativi dei dazi.

Uno sguardo ai mercati

“Il recupero della borsa americana delle ultime settimane è giustificato”, commenta Ramenghi, pur segnalando il rischio di “ulteriori fasi di volatilità vista l’elevata incertezza”. UBS si mantiene neutrale sull’azionario, ma individua opportunità nei temi di lungo periodo come intelligenza artificiale, elettrificazione e longevità.

In ambito obbligazionario, infine, la raccomandazione è chiara: “Evitare il rischio valutario in questa fase”, spiega Ramenghi, suggerendo invece “obbligazioni investment grade in euro, con scadenze medie” come area di investimento preferenziale.

Con una miscela di promesse fiscali espansive e politiche commerciali aggressive, l’amministrazione americana si avvia verso un equilibrio complesso, dove la sostenibilità del debito e la reazione dei mercati internazionali saranno fattori cruciali.

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