Negli ultimi anni, le grandi aziende statunitensi hanno iniziato a ripensare profondamente le loro strategie produttive, abbandonando gradualmente la delocalizzazione per riavvicinare le attività produttive sul territorio nazionale. Questo fenomeno, noto come reshoring, è oggi al centro delle politiche economiche statunitensi.
“Quasi il 60% dei dirigenti aziendali statunitensi ha già investito nel nearshoring o in una combinazione di reshoring e nearshoring”, spiega Ken Van Weyenberg, Head of Client Portfolio Management Fundamental Equity di Candriam, citando un recente studio Capgemini. “Questo dimostra una presa di coscienza strategica rispetto alla necessità di rafforzare la resilienza delle supply chain”.
Investire nel “Made in America”
La scelta di riportare le attività produttive in patria non è solo un cambiamento logistico, ma rappresenta una svolta economica significativa. “Il governo statunitense stima che gli investimenti in reshoring, difesa e infrastrutture potrebbero generare fino a 450 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni”, osserva Van Weyenberg. “Ciò si traduce in una forte domanda nei settori industriale e tecnologico”.
Oltre all’aspetto economico, questa strategia è parte di un disegno più ampio: quello dell’autonomia strategica. Dalla produzione di semiconduttori allo sviluppo delle terre rare, fino alla sicurezza energetica, gli Stati Uniti stanno rafforzando i pilastri della propria resilienza nazionale. “Per gli investitori, queste politiche industriali mirate rappresentano opportunità molto concrete”, sottolinea Van Weyenberg.
Il boom dei semiconduttori e la sfida delle terre rare
Il mercato globale dei semiconduttori, destinato a superare i 1000 miliardi di dollari entro il 2030 secondo Gartner, è uno dei principali terreni di investimento. La dipendenza da paesi terzi, in particolare dalla Cina per le terre rare – che copre oltre il 70% delle forniture statunitensi – rende evidente la necessità di sviluppare capacità interne.
“Questo contesto favorisce un ciclo pluriennale di spese in conto capitale e dà slancio all’industria e alla tecnologia”, afferma Van Weyenberg. La corsa alla solidità della supply chain è ormai una priorità condivisa da governi e imprese.
Smart factory: il cuore dell’industria del futuro
Accanto al reshoring, le aziende stanno cogliendo l’occasione per modernizzare i propri modelli industriali. L’adozione di tecnologie smart è ormai fondamentale. “Robotica, automazione e processi data-driven sono diventati centrali nella manifattura”, commenta Van Weyenberg. “Negli Stati Uniti, gli investimenti in robotica sono cresciuti del 12% lo scorso anno”.
L’evoluzione delle fabbriche intelligenti si fonda su un’infrastruttura digitale complessa: intelligenza artificiale, cloud computing, edge computing e cybersecurity. “L’AI è cruciale per la manutenzione predittiva, il controllo qualità e la gestione dell’inventario”, spiega ancora Van Weyenberg. “Allo stesso tempo, la sicurezza informatica è passata da misura tecnica a vero e proprio imperativo strategico”.
Le direttrici dell’innovazione industriale
Secondo Van Weyenberg, questa trasformazione genera una domanda crescente in aree ad alto impatto innovativo:
- Robotica e automazione, sia per le operazioni fisiche che per l’ottimizzazione software;
- Tecnologie cloud e intelligenza artificiale, essenziali per il funzionamento delle smart factory;
- Soluzioni di cybersecurity, per garantire continuità e protezione in ambienti altamente connessi.
L’Europa insegue l’autonomia industriale
Anche il Vecchio Continente si muove in questa direzione. L’instabilità geopolitica e la dipendenza da fornitori esterni, specie per energia e materie prime, hanno spinto l’Unione Europea a varare iniziative strategiche.
“Programmi come RePowerEU, European Chips Act e InvestEU dimostrano l’impegno dell’Europa a rafforzare la propria sovranità industriale e tecnologica”, afferma Van Weyenberg. Si tratta di un percorso che prevede investimenti a lungo termine per la transizione energetica, le infrastrutture digitali e i materiali strategici.
Anche in Europa, dunque, i driver della crescita industriale sono gli stessi: automazione, smart factory, cloud, AI e cybersecurity. “Il continente si sta allineando ai trend globali dell’innovazione industriale e della resilienza della supply chain”, conclude Van Weyenberg. Una corsa che, se ben sostenuta, potrà dare nuovo slancio alla competitività europea nel panorama tecnologico globale.