Family office: grandi patrimoni in movimento

Nel suo ultimo aggiornamento settimanale, UBS WM ha pubblicato i risultati del Global Family Office Report, uno studio che raccoglie le opinioni di 317 family office con un patrimonio complessivo di 651 miliardi di dollari. Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM in Italia, sintetizza di seguito i principali trend emersi, offrendo uno spaccato sulle dinamiche che stanno modellando le strategie patrimoniali globali.

Secondo Ramenghi, “già prima dell’annuncio dei nuovi dazi statunitensi, una possibile guerra commerciale era indicata come il principale rischio per il 2025”. A questa minaccia si aggiungono anche fragilità macroeconomiche da monitorare, come l’elevato debito pubblico negli Stati Uniti e in Giappone, nonché la crescente concentrazione degli investimenti in pochi settori.

Uno dei dati più rilevanti riguarda la composizione media dei portafogli: “i family office più grandi destinano il 56% degli investimenti ad asset class liquide, come azioni e obbligazioni, e il restante 44% a strumenti illiquidi, tra cui immobili, private equity e hedge fund”, ha spiegato Ramenghi. Le differenze regionali sono marcate: negli Stati Uniti prevale l’esposizione immobiliare, mentre in Europa aumentano le allocazioni obbligazionarie.

Il rapporto evidenzia una tendenza chiara: riduzione della liquidità a favore di investimenti più dinamici. “I family office stanno continuando a investire maggiormente nell’azionario delle economie avanzate, probabilmente per cogliere la crescita strutturale di lungo periodo in settori come intelligenza artificiale, energia e longevità”, osserva Ramenghi. Cresce anche l’interesse per le obbligazioni dei mercati sviluppati, in ottica di rendimento e diversificazione.

Geograficamente, quasi l’80% degli asset è allocato tra Nord America ed Europa occidentale, ma con una netta prevalenza degli Stati Uniti. L’“home bias” – ovvero la preferenza per investimenti domestici – è evidente: “i family office statunitensi impiegano l’86% dei portafogli sul mercato interno, mentre gli europei si fermano al 44%”, sottolinea Ramenghi.

La gestione attiva domina nel comparto azionario, ma i veicoli passivi stanno guadagnando terreno. “Negli Stati Uniti, il 53% dei portafogli azionari è gestito passivamente, mentre in Asia questa quota si ferma al 22%. L’Europa si colloca nel mezzo, ma il 43% degli operatori prevede un aumento dell’uso di strumenti passivi”, afferma il CIO di UBS.

Dopo anni di espansione, il private equity è in contrazione. “L’esposizione è scesa al 10% per effetto di costi di finanziamento elevati e minore attività di M&A”, spiega Ramenghi. Cresce invece l’appeal dell’oro, mentre gli hedge fund perdono terreno.

Infine, il tema della sostenibilità rimane centrale, ma con un approccio più selettivo. “Oltre un terzo dei family office investe in tecnologie ambientali e quasi la metà in tecnologie per la salute”, conclude Ramenghi.

Il quadro dipinto dallo studio UBS WM mostra una trasformazione silenziosa ma profonda nella gestione della ricchezza globale, con scelte sempre più mirate, attente ai contesti regionali e alle grandi sfide strutturali del nostro tempo.

 

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