Energy, supply chain e flusssi valutari i nuovi termometri per aggiustare il portafoglio

L’escalation militare tra Israele e Iran ha proiettato il Medio Oriente in una crisi senza precedenti, con ripercussioni immediate sui mercati globali e rischi crescenti per la stabilità energetica mondiale. A delineare la portata e le potenziali implicazioni di questi eventi sugli investimenti è di seguito Alessio Garzone, portfolio manager di Gamma Capital Markets.

La fine del mito dell’Iran inviolabile

Secondo Garzone, il recente attacco israeliano ha colpito al cuore l’infrastruttura strategica iraniana, centrando impianti nucleari (Natanz, Fordow, Isfahan), depositi energetici e comandi militari. “Israele ha dimostrato che può penetrare, neutralizzare e disarticolare il sistema strategico iraniano. Non è solo un danno operativo: è un colpo psicologico e simbolico. È la fine del mito dell’Iran inviolabile”, afferma Garzone.

L’offensiva ha messo fuori gioco asset energetici chiave come il giacimento South Pars — il più grande al mondo di gas naturale — e il campo petrolifero Shahran, oltre a diverse raffinerie a Teheran. La produzione iraniana, che rappresenta circa il 3,5% dell’offerta globale di petrolio, ha subito una brusca riduzione, facendo temere forti ripercussioni sui mercati dell’energia.

Petrolio e mercati finanziari in tensione

Garzone sottolinea che “se togliamo improvvisamente una fetta così grande dal mercato, il mondo se ne accorge — e in fretta”. Secondo le stime di JP Morgan, un’interruzione dell’offerta superiore ai 2 milioni di barili al giorno potrebbe spingere il prezzo del petrolio fino a 120–130 dollari al barile.

Ma non è solo il petrolio a preoccupare. L’oro ha toccato nuovi massimi sopra i 3.400 dollari l’oncia, mentre l’indice di volatilità Vix è risalito sopra quota 20, segnalando un regime di crescente instabilità. Anche i mercati azionari, in particolare l’S&P500, mostrano segnali di fragilità: “Il vero rischio è il doppio vincolo Fed: con il petrolio in rialzo e la volatilità in ripresa, ogni taglio dei tassi diventa più difficile da giustificare”, osserva Garzone.

Le scelte dell’Iran: tutte a rischio

Il report analizza i possibili scenari che Teheran potrebbe intraprendere: da una ritorsione simbolica (40% di probabilità) a un’escalation militare diretta con gli Stati Uniti (25%), fino all’uscita dal Trattato di Non Proliferazione nucleare (20%) o, nel caso più estremo, il rischio di un’implosione interna (15%). Garzone evidenzia come “la stabilità dell’Iran oggi è al livello più basso degli ultimi decenni” e avverte che chi considerava Teheran un attore razionale e stabile dovrà rivedere profondamente le proprie valutazioni di rischio.

La finestra perfetta per Israele

Israele, osserva Garzone, ha colpito in un momento in cui i principali alleati regionali dell’Iran — da Hezbollah ad Hamas, fino agli Houthi — sono indeboliti o neutralizzati. “Era il momento perfetto per Israele”, scrive l’analista, sottolineando anche le motivazioni politiche interne del premier Netanyahu, alle prese con gravi problemi giudiziari e un crescente malcontento popolare.

Il possibile futuro

Mentre gli sviluppi restano imprevedibili, Garzone conclude con un monito che va oltre le consuete letture macroeconomiche: “Nella costruzione dell’asset allocation di oggi non ci si può più basare su un’allocazione cieca che si basa su scenari generici. Bisogna imparare a pesare l’asimmetria. Bisogna saper dove guardare quando i prezzi non lo dicono ancora“. E, citando Eduardo De Filippo, aggiunge: “Per il resto — come diceva Eduardo — adda passà a nuttata. Ma questa, è una notte diversa”.

L’equilibrio mondiale, ancora una volta, si gioca sulle sabbie mobili della geopolitica energetica mediorientale.

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