Una nuova prospettiva sull’allocazione globale

Negli ambienti finanziari globali sta circolando sempre più spesso una frase che stimola dibattiti e riflessioni: “La fine dell’eccezionalismo statunitense”. A rilanciare il tema è Vivek Gandhi, portfolio manager di Putnam Investments (gruppo Franklin Templeton), che analizza i recenti sviluppi nei mercati globali, evidenziando come il 2025 abbia segnato un’importante inversione di tendenza a favore dei mercati internazionali.

La sovraperformance dei mercati europei

Nel 2025 molti mercati internazionali hanno registrato performance superiori rispetto agli Stati Uniti in termini di dollari USA. Al 30 aprile, lo STOXX Europe 600 Index ha battuto l’S\&P 500 di oltre il 20%, con un progresso del 20% contro la sostanziale stabilità dell’indice americano. La Germania si è distinta in modo particolare, con l’indice DAX in crescita di oltre il 33%.

Ma questa inversione nei rendimenti di mercato segna davvero la fine dell’egemonia statunitense? Per Gandhi, la risposta è più sfumata: “Se definiamo l’eccezionalismo statunitense come il dinamismo, l’imprenditoria e la cultura di assunzione del rischio che guidano l’innovazione e la commercializzazione, allora poco è cambiato. Sebbene gli Stati Uniti debbano affrontare un clima di incertezza dovuto alla politica, i punti di forza fondamentali della loro economia rimangono intatti”.

Un ciclo che si ripete

Non è la prima volta che i mercati internazionali riescono a superare Wall Street. Gandhi ricorda come, dopo la crisi finanziaria del 2008-2009, i mercati americani abbiano vissuto un lungo ciclo di sovraperformance dal 2009 al 2024. Tuttavia, esistono diversi precedenti — tra il 1971-1982, 1982-1989 e 2000-2007 — in cui i mercati internazionali hanno guidato i guadagni globali.

“Nel periodo 2000-2007, l’indice MSCI EAFE ha reso oltre il 90%, mentre l’S&P 500 ha reso solo il 14%. I mercati emergenti hanno ottenuto risultati persino migliori”, sottolinea Gandhi. Allora come oggi, il contesto favorevole era sostenuto da valutazioni interessanti, un dollaro debole, appetito per la diversificazione e un superciclo delle materie prime.

Valutazioni eccessive negli Stati Uniti

Le attuali valutazioni azionarie sembrano riprodurre dinamiche simili. Al 30 aprile 2025, l’S&P 500 era scambiato a quasi 23 volte gli utili attesi, e persino escludendo le big tech il multiplo restava a 20x, ben al di sopra della media storica di 14x-17x. Al contrario, lo STOXX Europe 600 viaggia su multipli intorno a 14x, in linea con la propria media di lungo periodo.

“Gli Stati Uniti continuano a essere scambiati a premi molto elevati, mentre le valutazioni europee appaiono storicamente più interessanti”, evidenzia Gandhi. “Lo sconto attuale dei mercati europei rispetto a quelli statunitensi è più ampio rispetto ai livelli storici”.

Dinamiche fiscali e crescita economica a confronto

Le divergenze non si limitano alle valutazioni di mercato. Anche i fondamentali fiscali e macroeconomici iniziano a mostrare traiettorie divergenti. Negli ultimi anni la crescita USA è stata sostenuta da politiche fiscali espansive, con deficit superiori al 5% del PIL sin dal 2022. La Germania, al contrario, ha mantenuto il proprio deficit sotto il 3%.

“La situazione si sta invertendo”, afferma Gandhi. “Mentre gli Stati Uniti operano una stretta sulla spesa fiscale, la Germania la sta espandendo. Con il calo dei prezzi dell’energia, la crescita europea è destinata a migliorare, riducendo potenzialmente il divario con gli Stati Uniti”.

Il ruolo del dollaro e i flussi di capitale

Anche le dinamiche valutarie potrebbero spingere ulteriormente i mercati internazionali. Secondo Gandhi, “il dollaro USA appare tecnicamente debole e fondamentalmente sopravvalutato”. L’esperienza del 2000-2007 dimostra che un dollaro debole può favorire la sovraperformance degli asset non statunitensi. “Nel 2025 il dollaro si è indebolito anche in periodi di avversione al rischio, in netto contrasto con il suo tradizionale ruolo di rifugio sicuro”, aggiunge.

L’OCSE conferma questa visione, rilevando che il dollaro è sopravvalutato in termini di parità di potere d’acquisto rispetto a euro, sterlina e yen.

Il ritorno della diversificazione

Infine, Gandhi richiama l’attenzione su un principio cardine dell’investimento: la diversificazione. “Il premio Nobel Harry Markowitz definì la diversificazione l’unico pasto gratis negli investimenti”, ricorda. Tuttavia, dopo oltre 15 anni di leadership americana, i portafogli globali restano fortemente concentrati sui titoli USA, che oggi rappresentano circa i due terzi della capitalizzazione mondiale.

“Una modesta riallocazione verso l’azionario internazionale potrebbe innescare significativi flussi di capitale, che a loro volta potrebbero alimentare la sovraperformance relativa e favorire ulteriori afflussi”, conclude Gandhi.

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