Il nuovo governo tedesco, formato da un’inedita alleanza tra CDU/CSU e SPD, si trova ad affrontare una delle fasi più critiche della storia recente del Paese. Secondo Tom O’Hara, Investment Director European Equities di GAM Investments, “le sfide di oggi sono di natura esistenziale, con l’ascesa dell’AfD e delle forze di estrema sinistra che stanno mettendo sotto pressione l’ordine politico tradizionale”. Il governo ha quindi presentato un accordo di coalizione lungo 146 pagine che, al di là delle formule politiche, ha un messaggio chiaro: rilanciare in tempi rapidi l’economia tedesca.
Un margine fiscale senza precedenti
Dopo anni di rigore, Berlino si prepara a cambiare approccio, sfruttando un debito pubblico ancora contenuto – pari al 63% del PIL – e un disavanzo modesto del 2,1%. “Per la prima volta in decenni”, osserva O’Hara, “la Germania appare pronta a utilizzare il suo spazio fiscale per invertire la rotta della stagnazione economica”. Il margine potenziale è ampio: il Paese potrebbe indebitarsi per oltre 1.700 miliardi di dollari prima di raggiungere un rapporto debito/PIL del 100%, mantenendosi ben al di sotto degli standard americani e giapponesi.
Infrastrutture al collasso e digitalizzazione in ritardo
La svolta tedesca non nasce solo da una visione strategica, ma anche da necessità urgenti. “Le crepe nelle infrastrutture tedesche sono diventate impossibili da ignorare”, nota O’Hara. Con investimenti infrastrutturali fermi al 2,3% del PIL – molto al di sotto della media UE – la Germania sconta un pesante arretrato: ponti pericolanti, ferrovie inefficienti, una rete elettrica obsoleta e servizi pubblici in sofferenza. La digitalizzazione, un tempo fiore all’occhiello tedesco, oggi arranca rispetto al resto d’Europa.
Un maxi-fondo da 500 miliardi per rilanciare la Germania
Per rispondere a queste fragilità, Berlino ha varato un fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro da utilizzare in 12 anni, destinato a trasporti, energia, digitalizzazione, difesa e istruzione. “È una netta rottura con l’austerità post-crisi del 2008”, sottolinea O’Hara, “e una scommessa strategica sulla produttività futura”. L’accordo prevede inoltre importanti riforme economiche: sussidi energetici mirati, riduzione delle imposte sull’elettricità, incentivi fiscali per l’industria, una graduale riduzione dell’imposta sulle società dal 15% al 10% e nuove agevolazioni per il lavoro.
Difesa e sicurezza: la nuova priorità tedesca
Dopo decenni di sottofinanziamento, la Germania ha intrapreso un deciso riarmo. Dal 2022 è attivo un fondo straordinario da 100 miliardi per la Bundeswehr, e dal 2025 una modifica costituzionale consente di escludere le spese per la difesa dal “freno al debito”. Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato l’intenzione di costruire “l’esercito convenzionale più potente d’Europa”, destinando il 3,5% del PIL agli armamenti e un ulteriore 1,5% a infrastrutture dual-use. In vista del vertice NATO di giugno, la Germania si candida a guidare l’aumento del target di spesa per la difesa al 5% del PIL.
Il contrasto con gli Stati Uniti
Mentre Berlino apre la stagione degli investimenti pubblici strutturali, la situazione fiscale statunitense appare sempre più problematica. “Gli USA – avverte O’Hara – viaggiano con un rapporto debito/PIL oltre il 120% e disavanzi cronici superiori ai 1.500 miliardi di dollari”. Il rischio è che i costi crescenti del debito limitino la spesa pubblica utile e mettano pressione sui mercati obbligazionari, in un contesto politico poco incline al rigore.
Una nuova stagione per l’Europa?
Secondo O’Hara, “la svolta fiscale della Germania può rappresentare un’opportunità generazionale per il continente europeo”. Se Berlino riuscirà a rilanciare la crescita interna, gli effetti positivi si propagheranno in tutta Europa. Settori come industria, edilizia, banche e tecnologie legate alla transizione energetica potrebbero beneficiarne in modo diretto. “Per gli investitori – conclude – l’Europa potrebbe tornare ad essere un mercato attraente, guidato da una Germania finalmente proattiva”.