Dollaro in caduta libera: l’impatto sulle strategie di investimento

Negli ultimi mesi, il dollaro statunitense ha registrato una marcata perdita di valore, scendendo del 10% circa rispetto all’euro nel corso del 2025. Un’inversione di tendenza notevole, considerando che a gennaio il dollaro aveva raggiunto il suo livello più alto degli ultimi 27 mesi.

Secondo Jan Viebig, Chief Investment Officer di ODDO BHF, “l’euforia che ha accompagnato i mercati all’inizio dell’anno si è rapidamente dissipata dopo l’insediamento di Donald Trump”. Le politiche economiche della nuova amministrazione americana sono infatti percepite come rischiose, sia sul fronte commerciale che su quello fiscale.

Viebig sottolinea due criticità principali: da una parte “la politica commerciale della nuova amministrazione pone rischi significativi per l’economia statunitense”, dall’altra “la sua politica fiscale minaccia di accelerare la crescita del debito nazionale”. A queste si aggiungono pressioni sulla Fed per un taglio dei tassi d’interesse e tentativi di maggiore controllo politico sulla politica monetaria. Particolare preoccupazione suscita anche la proposta contenuta nel cosiddetto One Big Beautiful Bill Act, che prevede potenziali tasse arbitrarie su beni e guadagni statunitensi detenuti da investitori stranieri.

Un’altra proposta controversa, attualmente in valutazione, è l’accordo di Mar-a-Lago, ideato da Stephen Miran, presidente del Consiglio dei Consulenti Economici, che suggerisce di costringere le banche centrali straniere a convertire i Treasury USA in obbligazioni zero-coupon a 100 anni, non negoziabili. Una misura che, secondo Viebig, contribuisce a “minare la fiducia globale nella valuta americana”.

Un impatto negativo per gli investitori europei

La svalutazione del dollaro ha avuto conseguenze immediate sui portafogli degli investitori europei, che detengono titoli denominati in dollari. Come evidenzia Viebig, “in termini di euro, i loro portafogli hanno sottoperformato i già deboli mercati azionari statunitensi misurati in dollari”.

Questa dinamica ha alimentato tra gli investitori il dubbio se sia opportuno ridurre l’esposizione alla valuta statunitense. Tuttavia, Viebig mette in guardia da decisioni d’investimento basate su previsioni valutarie, affermando che “le previsioni sui tassi di cambio sono notoriamente inaffidabili. Numerosi studi hanno dimostrato che cercare guadagni valutari sistematici è una strategia rischiosa”.

Il ruolo delle valute nei portafogli globali

In un contesto globale in cui le grandi aziende generano ricavi in più valute, le fluttuazioni dei tassi di cambio possono avere effetti complessi e non sempre intuitivi. Viebig spiega che “aziende statunitensi come Microsoft e Alphabet guadagnano una parte sostanziale dei loro ricavi in euro, mentre aziende europee come SAP o Schneider Electric generano guadagni significativi in dollari”. In pratica, la valuta di riferimento influisce sui ricavi, sui margini e sul valore percepito delle azioni a seconda della prospettiva valutaria adottata.

Per questo motivo, ODDO BHF sconsiglia di basare le scelte di allocazione su dinamiche valutarie: “Crediamo che gli investitori a lungo termine non dovrebbero preoccuparsi eccessivamente dei tassi di cambio”. A supporto di questa visione, Viebig cita i dati degli ultimi 20 anni: l’indice MSCI World ha reso in media l’8,9% annuo in dollari e il 9,3% in euro. Nei dieci anni più recenti, la performance media è stata del 9,9% in dollari e del 9,6% in euro. Nonostante le oscillazioni a breve termine, nel lungo periodo la differenza tra valute tende ad attenuarsi.

Qualità societarie prima della valuta

Infine, Viebig invita a spostare il focus degli investimenti verso criteri più strutturali e solidi: “Gli investitori a lungo termine farebbero meglio a selezionare le aziende basandosi sulla qualità del loro modello di business, redditività e prospettive di guadagni a lungo termine. In questa prospettiva, la valuta di quotazione diventa secondaria”.

In un mondo sempre più interconnesso, l’approccio razionale e a lungo termine continua a rivelarsi il più solido, anche in tempi di incertezza valutaria.

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