La nuova normalità del reddito fisso tra inflazione, crisi del debito e politiche monetarie

La prima metà del 2025 ha lasciato un segno profondo sui mercati obbligazionari globali. A dominare la scena è stata una volatilità estrema, soprattutto sul fronte dei Treasury USA a 10 anni, il cui rendimento ha oscillato tra il 3,5% e il 5% con una frequenza che non si vedeva da trent’anni. Persino durante la crisi finanziaria globale del 2008 non si era assistito a un tale livello di instabilità.

Secondo Nigel Jenkins, responsabile obbligazionario mandati globali di Payden & Rygel, “siamo di fronte a un contesto senza precedenti, nel quale la politica della Fed ha iniziato un ciclo di allentamento monetario con una riduzione dei tassi di 100 punti base, ma ciò non è bastato a rassicurare i mercati”.

Forte contrasto

Nonostante la tempesta obbligazionaria, i mercati azionari hanno registrato performance sorprendenti. Jenkins osserva come “questa divergenza ponga interrogativi sulla sostenibilità della crescita e sulla vera natura dell’attuale equilibrio finanziario globale”.

Alla ricerca di una nuova normalità

Il cuore dell’incertezza attuale è la difficoltà nel definire cosa rappresenti oggi una “normalità” nei rendimenti reali, sia a breve che a lungo termine. “L’era dei rendimenti reali negativi dovrebbe essere finita”, afferma Jenkins. Tuttavia, permane il dubbio: l’inflazione è davvero stata transitoria o ci si deve preparare a un nuovo regime di prezzi più elevati?

A complicare il quadro si aggiungono l’impennata del debito pubblico e l’instabilità politica. Gli Stati Uniti, ad esempio, si trovano con un deficit pari al 7% del PIL in una fase espansiva del ciclo economico, mentre la deriva a destra di molti governi occidentali potrebbe favorire politiche economiche più autarchiche, con potenziali ricadute sulla fiducia nei confronti dei titoli di Stato e del dollaro.

Il modello 60/40 sotto esame

La crisi di fiducia non riguarda solo le banche centrali o le emissioni sovrane, ma anche i pilastri dell’asset allocation. Il classico portafoglio bilanciato 60/40 – dove il 60% è investito in azioni e il 40% in obbligazioni – sta perdendo parte della sua credibilità. “L’utilizzo dei Treasury e del dollaro come strumenti di copertura nei momenti di tensione sui mercati azionari è sempre meno efficace”, nota Jenkins.

Sebbene il dollaro non sembri sul punto di perdere lo status di valuta di riserva globale, nel medio-lungo termine – dieci o quindici anni – potrebbe iniziare un lento declino della sua egemonia.

Le prospettive per la politica monetaria

Guardando avanti, la posizione di Payden & Rygel è chiara: “Crediamo che la Fed sia più disposta a tagliare i tassi di quanto il mercato non sconti attualmente”, afferma Jenkins. La previsione della casa è di tre o quattro tagli entro la fine dell’anno, contro i due attesi dal consensus. Questo scenario si fonda su una previsione di rallentamento della crescita economica, inflazione sotto controllo e un possibile irripidimento della curva dei rendimenti.

Mercato del credito: stabilità e attrattività in crescita

Se da un lato i tassi fanno fatica a trovare un punto di equilibrio, dall’altro il mercato del credito ha mostrato una sorprendente stabilità. Gli spread sono rimasti contenuti, e questo ha attirato nuovamente l’interesse degli investitori. “I rendimenti complessivi nel credito si trovano nella fascia alta degli ultimi dieci anni”, sottolinea Jenkins. Un risultato favorito non solo dai fondamentali solidi, ma anche da una dinamica domanda/offerta sbilanciata a favore della prima.

Un ulteriore elemento interessante è il ruolo crescente del credito privato. “Gli emittenti hanno potuto accedere a finanziamenti alternativi, riducendo la pressione sulle emissioni pubbliche. Questo ha contribuito a rafforzare i fattori tecnici a supporto del credito”, aggiunge Jenkins.

Flessibilità come bussola

In un contesto globale segnato da volatilità strutturale, incertezza politica e instabilità macroeconomica, il messaggio di Jenkins è chiaro: “Rimanere aperti e flessibili sarà cruciale per navigare i mercati”. La preferenza va quindi alle parti più liquide e di qualità del credito, con una gestione dinamica delle posizioni in base al flusso di notizie e all’evoluzione del contesto.

Conclude Jenkins: “Negli ultimi anni i mercati ci hanno insegnato quanto il vento possa cambiare in fretta. Non possiamo permetterci di restare fermi sulle nostre convinzioni”.

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